martedì 11 novembre 2008

La libertà

Premessa/commento. Definire cosa sia la Libertà è assai arduo: sembra un paradosso, ma le definizioni dei filosofi sono le più varie e se chiedessimo a molta gente di definire cos'è per loro la libertà, scopriremmo che si intendono cose veramente diverse. Non parliamo poi sul fronte politico dove massima è la confusione: se pensiamo al Popolo della libertà riusciremmo a definire di quali Libertà parla? Si badi bene che ad un certo punto si è persino usato l'aggettivo al plurale (delle Libertà) perché evidentemente sono molte le libertà che si confrontano ed ispirano quel partito (chiamarlo partito è sbagliato perché di fatto è un movimento con un leader auto-eletto e confermato per acclamazione).
E' comunque significativo che chi ha preso con decisione la bandiera della Libertà (o delle Libertà) sia la destra italiana. Non la confonderanno col Liberismo?

Di seguito riporto alcuni passi ormai classici sulla definizione di Libertà e ciascuno potrà stabilire quale preferisce...

Platone, La Repubblica, trad F. Sartori. Il mito di Er.
Alle anime (in attesa di una nuova esistenza) un araldo dice:
Anime dall'effimera esistenza corporea, incomincia per voi un altro periodo di generazione mortale, preludio a nuova morte. Non sarà un dèmone a ricevervi in sorte, ma sarete voi a scegliervi il dèmone. Il primo che la sorte designi scelga per primo la vita cui poi sarà irrevocabilmente legato. La virtù non ha padrone; secondo che la onori o la spregi, ciascuno ne avrà più o meno. La responsabilità è di chi sceglie, il dio non è responsabile.

J.S.Mill, On Liberty, 1858 (Il testo moderno più citato sulla libertà)
La lotta tra libertà e autorità è il carattere più evidente dei primi periodi storici di cui veniamo a conoscenza, in particolare in Grecia, Roma e Inghilterra. Ma nell'antichità si trattava di conflitti tra sudditi, o alcune classi di sudditi, e governo. Per libertà si intendeva la protezione dalla tirannia dei governanti, concepiti (salvo che nel caso di alcuni governi popolari della Grecia) come necessariamente antagonisti al popolo da essi governato. Si trattava di un singolo, o di una tribù o casta dominante, la cui autorità era ereditaria o frutto di conquista, in ogni caso non della volontà dei governatori, e la cui supremazia gli uomini non osavano, o forse non desideravano, porre in discussione, quali che fossero le eventuali misure di precauzione contro un suo esercizio troppo oppressivo. Il potere dei governanti era considerato necessario, ma anche estremamente pericoloso: un'arma che essi avrebbero cercato di usare contro i propri sudditi altrettanto che contro i nemici esterni. Per impedire che i membri più deboli della comunità venissero depredati e tormentati da innumerevoli avvoltoi, era indispensabile la presenza di un rapace più forte degli altri, con l'incarico di tenerli a bada. Ma, poiché il re degli avvoltoi sarebbe stato voglioso quanto le minori arpie di depredare il gregge, si rendeva necessario un perpetuo atteggiamento di difesa contro il suo becco e i suoi artigli. Quindi, lo scopo dei cittadini era di porre dei limiti al potere sulla comunità concesso al governante: e questa delimitazione era ciò che essi intendevano per libertà.
...
Gli uomini decidono secondo le loro preferenze personali: alcuni, di fronte alla possibilità di realizzare un bene o di rimediare a un male, incitano volentieri lo Stato a prendersene carico, mentre altri preferiscono sopportare quasi ogni sorta di male sociale piuttosto che aumentare, fosse pure di uno, il numero dei settori di attività umane riconducibili sotto il controllo statale. E, in ciascun caso particolare, gli uomini si schierano in uno dei due campi, secondo quest'inclinazione generale dei loro sentimenti, o secondo il loro grado di interesse nella questione per cui è proposto l'intervento statale, o secondo le loro previsioni sul comportamento dello Stato, giudicato nei termini delle loro preferenze; ma molto di rado prendono partito in base a una loro opinione coerente su ciò che spetti allo Stato compiere. E mi sembra che, a causa di questa mancanza di una regola o principio, attualmente i due opposti campi errino nella stessa misura: l'interferenza dello Stato è, quasi con la stessa frequenza, auspicata a torto e condannata a torto. Scopo di questo saggio è formulare un principio molto semplice, che determini in assoluto i rapporti di coartazione e controllo tra società e individuo, sia che li si eserciti mediante la forza fisica, sotto forma di pene legali, sia mediante la coazione morale dell'opinione pubblica. Il principio è che l'umanità è giustificata, individualmente o collettivamente, a interferire sulla libertà d'azione di chiunque soltanto al fine di proteggersi: il solo scopo per cui si può legittimamente esercitare un potere su qualunque membro di una comunità civilizzata, contro la sua volontà, è per evitare danno agli altri. Il bene dell'individuo, sia esso fisico o morale, non è una giustificazione sufficiente. Non lo si può costringere a fare o non fare qualcosa perché è meglio per lui, perché lo renderà più felice, perché, nell'opinione altrui, è opportuno o perfino giusto: questi sono buoni motivi per discutere, protestare, persuaderlo o supplicarlo, ma non per costringerlo o per punirlo in alcun modo nel caso si comporti diversamente. Perché la costrizione o la punizione siano giustificate, l'azione da cui si desidera distoglierlo deve essere intesa a causare danno a qualcun altro. Il solo aspetto della propria condotta di cui ciascuno deve rendere conto alla società è quello riguardante gli altri: per l'aspetto che riguarda soltanto lui, la sua indipendenza è, di diritto, assoluta. Su se stesso, sulla sua mente e sul suo corpo, l'individuo è sovrano.

L. Geymonat, La libertà, Rusconi, 1988
La distinzione tra libertà formale e libertà sostanziale risulta ancor oggi essenziale per eliminare gli equivoci numerosissimi che sovente caratterizzano il concetto di libertà.
Basti pensare come oggi circolino sempre di più scritti e discorsi in base ai quali si pretende che la libertà affermata da una certa società coincida tout-court con la libertà assoluta, cosicché nessuna altra società, diversa da quella considerata, può pretendere di difendere la libertà. In realtà questa concezione, solo apparentemente molto plausibile, cela una vera e propria « assolutizza-zione» del concetto di libertà, per mezzo della quale una particolare e storicamente determinata libertà viene presentata come la libertà. Questi ragionamenti tentano dunque di proporre una as-solutizzazione della libertà in una fase storica nella quale, invece, a mio avviso, dovrebbe risultare più agevole la « storicizzazione » della libertà. Come nella scienza si pretende che esistano delle verità assolute così, in modo analogo, molti ritengono che nell'ambito etico-sociale sia possibile individuare una libertà assoluta per mezzo della quale sarebbe possibile giudicare tutte le società storicamente realizzate dall'uomo nel corso della sua evoluzione.

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