martedì 25 novembre 2014

venerdì 21 novembre 2014

La cricca dorata

La storia è presto detta. Quando uno si prende la briga di fare da parafulmine, i fulmini arrivano. Un Diario di viaggio (riemerso da qualche vecchia cassa in soffitta), poi il racconto "La siccità" (uno spaccato di vita della comunità contadina di Castano a fine '800), poi ancora "Il miracolo del crocifisso" (un altro racconto sul Crocefisso taumaturgico della Chiesa di San Zenone) ed ora questo quaderno.
giorno mi ferma G. e mi dice che tra le carte della Chinésa (Giuseppina Croci) c'era pure un piccolo quaderno scritto a mano. Questa storia non finisce di stupirci: prima il 
La calligrafia di tutti i documenti è la stessa, anche le correzioni a matita hanno la stessa mano (quella della figlia maestra). Il quaderno di 17 pagine è scritto a mano con una calligrafia fittissima e ben conservato. Il titolo è abbastanza misterioso "La cricca dorata" e il sottotitolo "Opera compilata da Emilio Caboriau. Estratto per racconto."

Naturalmente inizio una ricerca famelica di informazioni e scopro che in realtà l'autore francese è Émile Gaboriau (Saujon, 9 novembre 1832 – Parigi, 28 novembre 1873). Nel 1866 pubblica "L’affaire Lerouge", prendendo spunto da un fatto di cronaca nera: l’assassinio, rimasto inspiegato, di Cèlestine Lerouge. Il feuilleton (da noi in Italia si chiamavano i "Romanzi d'appendice"), apparso senza successo sul giornale Pays, ha in seguito un grande successo su un altro giornale parigino, Le Soleil. Gaboriau riesce a creare nel personaggio del protagonista una perfetta miscela di scientificità e di umanità, che è poi l'archetipo di tutta una serie di investigatori che da Sherlock Holmes arriva fino a Maigret.
"La clique dorée" (questo il titolo originale dell'opera) è pubblicato da E. Dentu Editeur a Parigi nel 1871 e, immaginate quale potesse essere il successo di questo genere letterario, se già nel 1873 l'editore Sonzogno di Milano lo traduceva in italiano e pubblicava.

Ma perché Giuseppina Croci (la Chinésa) aveva fatto di questo libro una specie di "bigino"? Nella sua casa di Via Villoresi a Buscate aveva a disposizione molti libri, ma forse questo le era particolarmente caro addirittura spingendola a riscriverlo in alcune parti salienti. Il formato del libriccino (108 x 154 mm) fa pensare alla possibilità che fosse un vero e proprio "libro da viaggio", facile da portare comodamente in una di quelle comode tasche che avevano le gonne delle donne dell'epoca ed utile , appunto, per trascorrere lunghe ore di viaggio. Giuseppina , lo sappiamo, partirà per Shanghai nel 1890 per tornare in Italia nel 1895: non è da escludere che questo "ebook ante litteram" lo avesse già con se nel famoso viaggio di 40 giorni verso la Cina.

Il successo de La cricca dorata è stato tale che nel 1913 la Celio Film (casa cinematografica che diventerà famosa soprattutto durante il regime fascista) ne ha prodotto anche una pellicola in b/n. Siamo ancora in piena epoca del cinema muto. Apprezzabile nel film pare sia stata sopratutto la fotografia di Giorgino Ricci che è stato uno dei più apprezzati fotografi dell'epoca tra il muto ed il sonoro.


Il cast del film era così composto:
REGIA: Baldassarre Negroni (Roma, 21 gennaio 1877 – Roma, 18 luglio 1945) è stato un cineasta italiano attivo prevalentemente all'epoca del muto, tra i maggiori del suo tempo.
ATTORI: Francesca Bertini, Alberto Collo, Emilio Ghione, Luciano Molinari
FOTOGRAFIA: Giorgio Ricci (detto Giorgino)
PRODUZIONE: Celio film Roma

Tra gli attori è da ricordare la grande attrice del muto Francesca Bertini (n. a Firenze nel 1892 - Roma 1985) che aveva iniziato giovanissima la carriera a Napoli nella compagnia di Eduardo Scarpetta. Eduardo Scarpetta (1853-1925) è stato attore e commediografo napoletano e padre di un numero altissimo di figli (riconosciuti e no): oltre a Vincenzo, Domenico e Maria Scarpetta, vi sono i celebri Eduardo, Peppino e Titina De Filippo, il poeta Ernesto Murolo (padre del cantante Roberto Murolo), Eduardo (De Filippo) in arte Passarelli e suo fratello Pasquale De Filippo.
Nel 1976 Bernardo Bertolucci convinse  Francesca Bertini a comparire, in abiti da suora, nel suo film Novecento.

Emilio Ghione nei panni di Za la Mort
L'altro attore da ricordare è Emilio Ghione (Fiesole 1879 - Roma 1930) che inizierà la sua carriera a Torino debuttando nel 1909 e poi che ottiene un grande successo interpretando "Il poverello d'Assisi" un film di Enrico Guazzoni. Questo risultato lo lancerà nel mondo del cinema romano e inizierà un lungo sodalizio con Francesca Bertini nella casa cinematografica Celio alternandosi nel ruolo di attore e di regista. Emilio Ghione è poi l'interprete del personaggio Za la Mort (un "apache" parigino, una sorta di Fantômas) che lo consacrerà tra i più famosi divi del muto. Noi oggi conosciamo la versione di Za la Mort fatta dall'editore di fumetti Sergio Bonelli nella sua fortunata serie del dopoguerra; ma il personaggio è stato trasformato in un vero indiano.

La trama del film (e del libro) era la seguente. Il Duca di San Mauro, insieme al barone de la Grange e a René Léonnet ha formato un terzetto, detto "la cricca dorata", che alterna goliardate ad azioni ai limiti del codice penale. 

Commento. Sarà stato quel Duca di San Mauro (San Mauro è il nostro patrono) a far scattare questo interesse per il libro ? Possibile. Ma forse c'è un altro motivo che ha colpito la fantasia della Chinésa, legato ad un episodio del suo avventuroso viaggio in Cina: uno dei personaggi della Cricca dorata (il Conte) intraprende un lungo viaggio verso Saigon e una sera, avendo preso una barca per il ritorno a casa, questa viene ribaltata dal barcaiolo mettendolo in grave pericolo di vita. Come sappiamo dal diario di Giuseppina, questa è  stata un'avventura capitata anche a lei e a cui è scampata solo per l'intervento di un ufficiale della nave su cui era imbarcata.
La Cricca dorata viene pubblicato da Mondadori
nella collana "Il romanziere Illustrato" nei n. 17 e 18
che era una fortunata collana economica
dei primi anni '30.


Incipit de La cricca dorataSe havvi in Parigi una casa ben ordinata di aspetto attraente, senza fallo è quella del n. 300 di Via Grange. Sino dalla soglia splende ed abbaglia una nettezza olandese. Le borchie del portone lucenti, le lastre scintillano... 
    

domenica 16 novembre 2014

BookCity 2014

VENERDÌ 14 NOVEMBRE 2014

nell’ambito di

bc_orizzontale_positivo_rgbBIBLIOTECA CALVAIRATE

Via Laura Ciceri Visconti, 1 MILANO
alle ore 18

PRESENTAZIONE DEL LIBRO “MI A VO VIA” SULL’EMIGRAZIONE LOMBARDA TRA IL 1880 E IL 1920.

A SEGUIRE IL CORTOMETRAGGIO “MAMMA, VADO VIA. IN MÉRICA” 

realizzato su una storia originale di emigrazione ed interpretato da giovani attori.
Presentazione a cura di

GUGLIELMO GAVIANI E ERNESTO R. MILANI

Pensierino. Dunque non sono bastati ne lo sciopero dei mezzi pubblici, quello dei dipendenti comunali e nemmeno Landini con la sua manifestazione a fermare Book City. Pubblico non più di 15 persone, ma molto motivate. Il tema appassiona sopratutto gli insegnanti che infatti si sono mostrati molto interessati al nostro "esperimento di cinema". Sbalorditi tutti di fronte ad un budget per la realizzazione davvero imbarazzante. Il solo fatto di aver partecipato a questa manifestazione che vedeva la presenza a Milano di "mostri sacri" della letteratura contemporanea, ci ha riempito di un (sano) orgoglio. 

martedì 4 novembre 2014

Inutile strage o vittoria?

Il 1 agosto 1914 iniziava la Prima Guerra Mondiale che finirà il 4 Novembre 1918. Noi ricordiamo con la testimonianza di Egidio (Gildo) Fraschina (n. 1893) tratta da una intervista del 27 marzo 1983. E' la drammatica storia di un ragazzo che all'età di 22 anni ( con alle spalle già 11 anni di duro lavoro e di emigrazione) venne chiamato alle armi per una guerra che sentirà sempre più estranea man mano che ne esperimenterà l'atrocità.


A 11 anni ho incominciato a lavorare a Malvaglio come magutt per 50 ghei al dì, poi sono andato - un anno - dal 1905 al 1906, alla filanda di Buscate a fare la scuinéra: eravamo in 7-8 ragazzi che facevano lo stesso lavoro.
Nel 1907 ho ripreso il lavoro di manovale a Borsano: giravamo, per lavori di edilizia, Busto, Senago, Borsano e Legnano.
A 17 anni sono partito per la Germania a lavorare nelle miniere di ferro dell'Alzazia Lorena; ho fatto 3 anni di miniera poi mi sono stancato di questo lavoro....
D - C'erano altri Buscatesi che lavoravano nelle miniere?
R - Ce n'erano 30-40 almeno..non c'era lavoro e si doveva emigrare.....Dicevo che nel '13 mi sono stancato del lavoro in miniera e sono partito per Parigi dove c'era mio zio, con altri di Buscate, e là lavoravo come muratore...6-7 mesi dopo c'è stata la mobilitazione generale..(119).Quando è scoppiata la guerra ero là in Francia...gli emigranti li hanno mandati a casa tutti...Vado al Distretto di Milano e mi destinano al 24° Fanteria di Novara..lì a Novara faccio 2-3 mesi di addestramento, poi mi trasferiscono a Intra con tutto il battaglione....facciamo 5 mesi...poi c'è la mobilitazione generale. Rientriamo tutti a Novara perchè si doveva partire per il fronte...destinazione ignota..Il 23° il 24°  Fanteria finiscono a Belluno, stiamo qualche settimana nelle retrovie, poi partiamo per Longarone, ed infine siamo destinati a Cortina d'Ampezzo....lì scoppia la guerra il 24 maggio e avanti...inizia il calvario: andiamo alle Tofane, al Col di Lana, poi si torna ancora a Cortina, al Monte 3 Croci, al Lago di Misurina, al Monte Piana...i morti non si contano...scendiamo e così passa l'inverno.
Poi torniamo a Cortina e saliamo al Passo della Sentinella e alla Coda Rossa..navigando sempre sui 2000 metri di altitudine...pieni di pidocchi...stiamo 11 mesi in trincea al Km.24...e lì arriva l'ordine che tre Compagnie del 24° Fanteria devono tornare a Novara a formare una nuova brigata., la brigata Pallanza...e dopo vari giri la Brigata è destinata al Carso. Mi mettono in una piccola sezione di pistole mitragliatrici...era l'aprile 1917. Cadorna sferra 11 offensive...dovevate vedere che combattimenti sul Carso per conquistare un chilometro di terreno...i morti, i feriti non contiamoli nemmeno..Io partecipo all'azione del 24 maggio a Castagnevizza, che ora è in territorio jugoslavo. La nostra batteria aveva un raggio limitato d'azione ( le mitragliatrici  tiravano a non più di 6o metri) e quindi dovevamo stare fuori, davanti alle trincee italiane, per essere più vicini agli Austriaci...anche le cannonate della nostra artiglieria però ci prendevano dietro. Quando andavamo all'assalto, se trovavi la collina o un riparo dietro a cui nasconderti salvavi la pelle, altrimenti...bisognava vedere la carneficina...c'erano i mucchi di morti, cominciava a far molto caldo, avevano paura del colera...si metteva fuori la bandiera bianca e ciascuno ritirava i suoi morti...dovevate sentire che odore...si buttava sopra calce e creolina per disinfettare...
Tornando un giorno dalla trincea, trovo uno di Buscate, un certo Miramonti e gli dico: " A questo punto gioco una carta...scappo!, se non ce la faccio mi fucileranno...".
Erano 27 mesi che ero al fronte...era il 29 luglio 1917, avevo 17 franchi in tasca...finire prigioniero c'era il pericolo di morire di fame. Questo Miramonti mi aveva detto che di disertori ce n'erano tanti anche tra gli ufficiali... di fronte alla morte...
Eravamo accampati vicini all'Isonzo...c'erano le sentinelle che curavano e io dico: "Vado nel campo di granoturco a fare un bisogno" ...non sono più tornato...lì si trattava della vita o della morte perchè se mi prendevano mi fucilavano...tutte le feste a Cervignano i disertori, o chi aveva commesso atti di insubordinazione, li mettevano al muro e chiamavano anche gli altri soldati a vedere...c'erano la 1°, la 2° linea, ma la terza era dei carabinieri se nò scappavano tutti...
Dopo varie peripezie, ed incontrando durante il viaggio altri disertori e fuoriusciti, Gildo riesce a tornare a casa, e si pone subito il problema di dove nascondersi per sfuggire all'arresto. Decide di recarsi oltre il Ticino per cercare rifugio nella fattoria Rosalia presso Cerano, dove risiedeva un amico. Qui passa alcuni mesi lavorando come contadino fino a quando il 17 ottobre 1917 è arrestato ( forse per una delazione) e condotto al carcere di Novara.
Nel carcere del castello eravamo 3-4 disertori...faccio lì tre mesi. In quel periodo c'è stata la disfatta di Caporetto. Cadorna ha emesso il decreto per far uscire tutti quelli che erano in prigione in attesadi processo  per inviarli ai centri di raccolta per essere riabilitati.
Alla vigilia di Natale del 1917 entra un secondino e dice a noi tre disertori di prepararci che dobbiamo partire per una destinazione ignota. Un cellulare proveniente da Cuneo e passando per Torino, Vercelli, Novara, raccoglie tutti i detenuti. Eravamo 300-400 e veniamo portati al carcere Parini di Milano. Stiamo 5-6 giorni e all'inizio del 1918 veniamo destinati tutti a Castelfranco Emilia: raggruppamento tra disertori e sbandati. Eravamo 85.000! Il capitano, ad uno ad uno, ci interroga con il nostro foglio di matricola in mano. Ci chiedeva nome, cognome, cosa eravamo (sbandati, disertori).
D - Ma chi erano gli sbandati?
R - Chi era scappato durante la ritirata di Caporetto; metà esercito è scappato quando i Tedeschi sono venuti avanti. Questi soldati, questi fanti erano stremati, erano 2 o 3 anni che erano là, pieni di pulci, che passavano da un bivacco all'altro ad alta quota...erano stremati, erano sempre gli stessi che facevano la guerra.
Bene. Per ritornare a quel periodo, venne il Tenente Generale Giardino ad interrogarci ( il gen. Giardino è successivamente diventato Ministro della Guerra). Mi chiede se ero disposto ad andare al fronte; io rispondo che avevo già fatto la domanda: dovevamo toglierci da quel posto per poter scappare di nuovo, altrimenti ci portavano al Piave ed era finita. Ne scappavano tanti anche da lì benchè ci fossero un sacco di carabinieri.
Il Tenente Generale Giardino dopo aver interrogato tutto il Battaglione in 3 giorni, ci fa radunare nella Piazza e, salito sul balcone del Municipio, dice: "Ragazzi, quest'anno finisce la guerra, non allontanatevi più, non scappate!". Poi sono stato destinato in Albania...

In Albania Gildo è colpito dalla malaria come tanti altri della sua Compagnia, poi, durante la stessa estate, compie un atto di valore; recupera le salme di due militari affogati nel fiume. Nel luglio del '18 la Compagnia Speciale è sciolta e Gildo è destinato all'87° Fanteria di Palermo, ma l'acutizzarsi della malaria lo costringe a ricoverarsi. Finisce la guerra, ma non le peripezie di Gildo che, rimessosi, deve recarsi al corpo di detsinazione e lì rimane altri 8 mesi. Incombe però il giudizio per la diserzione e viene chiamato a Torino presso il Tribunale Militare.
Con grande lucidità cerca di affrontare una situazione per lui molto pericolosa ( l'imputazione di "diserzione di fronte al nemico" lo potrebbe portare davanti al plotone di esecuzione) e perciò decide di fingersi pazzo. Ricorda: "Era inutile che rispondessi al Giudice che ero stufo della guerra, che avevo paura, che ero tornato a casa per rivedere la fidanzata o la mamma...gli risposi che non ricordavo niente".
Il Giudice lo condannò a tre anni di carcere militare condonati per il lungo periodo di servizio al fronte. Emessa la sentenza, il Giudice chiede all'imputato se ha qualche cosa da dichiarare: "Devo dire, signor Pubblico Ministero, che la guerra mi ha rovinato la salute: ho preso la malaria in Albania e sono stato ricoverato tre volte all'Ospedale Rosolino Pilo di Palermo". "Tuttavia - lo interrompe il Pubblico Ministero - voi siete un traditore della patria! "Sono stato più traditore io - risponde Gildo - che ho fatto 38 mesi al fronte o gli italiani che sono stati nelle retrovie e non solo non hanno fatto la guerra, ma hanno riempito anche i loro portafogli?"
Il  Tribunale lo ammette al premio di smobilitazione riservato ai reduci di guerra.

(A Cura del Circolo GIOVANNI ARDIZZONE di Buscate, E venne la Grande Guerra, in "Contrade Nostre", vol. III, pp. 1110-113.)


Le vittime della guerra (da Wikipedia).

La prima guerra mondiale è stato uno dei conflitti più sanguinosi dell'umanità. Nei quattro anni e tre mesi di ostilità persero la vita circa 2 milioni di soldati tedeschi insieme a 1.110.000 austro-ungarici, 770.000 turchi e 87.500 bulgari; gli Alleati ebbero all'incirca 2 milioni di morti tra i soldati russi, 1.400.000 francesi, 1.115.000 dell'Impero britannico, 650.000 italiani, 370.000 serbi, 250.000 rumeni e 116.000 statunitensi. Considerando tutte le nazioni del mondo, si stima che durante il conflitto persero la vita poco meno di 9.722.000 di soldati con oltre 21 milioni di feriti, molti dei quali rimasero più o meno gravemente segnati o menomati a vita. Migliaia di soldati soffrirono di una inedita tipologia di lesioni, studiata per la prima volta proprio nel primo dopoguerra, consistente in una serie di traumatizzazioni psicologiche che potevano portare a un completo collasso nervoso o mentale: designata come "trauma da bombardamento" o "nevrosi di guerra", costituì la prima teorizzazione del disturbo post traumatico da stress. L'enorme perdita di vite umane provocò un grave contraccolpo sociale: l'ottimismo della Belle Époque fu spazzato via e i traumatizzati superstiti del conflitto andarono a formare la cosiddetta "generazione perduta".

I civili non furono risparmiati: circa 950.000 morirono a causa delle operazioni militari e circa 5.893.000 persone perirono per cause collaterali, in particolare carestie e carenze di generi alimentari (condizioni sofferte in particolare dagli Imperi centrali, sottoposti al blocco navale alleato), malattie ed epidemie (particolarmente grave fu quella della cosiddetta "influenza spagnola", che mieté milioni di vittime in tutto il mondo) e inoltre per le persecuzioni razziali scatenatesi durante il conflitto.

Il Papa Benedetto XV si fece promotore di diverse proposte di pace tra le nazioni belligeranti, come nella sua prima enciclica Ad Beatissimi Apostolorum del novembre 1914 e nella Nota del 1º agosto 1917 (famosa per la definizione del conflitto come «inutile strage»), rimaste interamente lettera morta a causa dell'ostilità dei governi a un accordo che portasse a una semplice restaurazione della situazione anteguerra. La sua proposta era "conservatrice" ed attenta soprattutto a favorire l'assoluta predominanza della religione cattolica in uno degli imperi più conservatori d'Europa nella fine dell'Ottocento col qualora stato stretto un Concordato fin dal 1855.



domenica 2 novembre 2014

Sabato Domenica e Lunedì



Pensierino. Che c'è di meglio, il sabato sera, di una bella commedia? L'altra settimana è stata la "prima" dell'Elfo con "Il vizio dell'arte" di Allan Bennett con Ferdinando Bruni, Elio de Capitani e Ida Marinelli, questa volta è stato "Sabato Domenica e Lunedì" del grande Eduardo de Filippo con Toni Servillo e Anna Bonaiuto. Lo so, non si fanno confronti, in arte, ma lasciatemelo dire: nel confronto Servillo ne esce due spanne sopra e mi dispiace (non tanto, a dir la verità) per Bennett, ma il nostro Eduardo è un'altra cosa...
Deludente la commedia allestita da Bruni: c'è questo compiacimento sul tema dell'omossessualità sempre ostentata, che mi pare di scarso interesse oggi, sa un po di muffa. Nulla da dire sulla recitazione di tutti, anche dei comprimari che sono parecchi (e bravi), ma tanta bravura andrebbe applicata ad opere un po' più pregnanti.
Servillo invece con la sua maschera è fantastico e il tema del (presunto) triangolo amoroso che fa scattare l'invidia è trattato con la solita profondità da Eduardo che scava nella genesi dei sentimenti più reconditi che scatenano tragedie nelle famiglie della Napoli dei primi anni del boom economico , come in quelle di oggi.  

Una guida dedicata al mio paese

  Lo scorso anno scolastico ho presentato un progetto alla Scuola secondaria di primo grado (le "medie" di una volta) un progetto ...