martedì 27 dicembre 2016

domenica 25 dicembre 2016

Fare a meno di Dio

E ci sono pure dei credenti che vivono soltanto della loro fede, e il culto diventa fine a se stesso, cosa che ha sempre permesso alle religioni di fare a meno di Dio.

(Romain Gary, Chiaro di donna, Casagrande, 2001)




AVE MARIA (Deus ti salvet Maria) - MARIA CARTA



Testo originaleversione in italiano 
Deus ti salvet, Maria,
chi ses de gratia plena.
De gratias ses sa vena
ei sa currente.
Dio ti salvi Maria,
che sei piena di grazia:
di grazie sei insieme fiume
e sorgente.
Su Deus onnipotente
cun tegus est istadu.
Pro chi t'hat preservadu
Immaculada.
Il Dio onnipotente,
con te è (sempre) stato;
perciò ti ha preservato
Immacolata.
Beneitta e laudada,
subra a tottu gloriosa.
Mama, fiza e isposa
de su Segnore.
Benedetta e lodata,
sopra a tutti gloriosa:
Mamma, Figlia e Sposa
del Signore.
Beneittu su fiore
e fruttu de su sinu.
Gesus, fiore divinu,
Segnore nostru.
Benedetto il Fiore
che è frutto del tuo seno:
Gesù fiore divino,
Signore nostro.
Pregade a Fizu ostru
pro nois peccadores,
chi tottu sos errores
nos perdonet.
Pregate al Figlio vostro
per noi peccatori;
affinché tutti gli errori
a noi perdoni.
Ei sa gratia nos donet
in vida e in sa morte.
Ei sa diciosa sorte
in Paradisu.
La sua Grazia ci doni,
in vita e nella morte;
E la felice sorte
in Paradiso.

lunedì 19 dicembre 2016

L'amore al tempo dei capelli bianchi

Michel e Lydia si sono conosciuti per caso una sera: lui scendeva da un taxi e lei passava per strada e si sono urtati. Poche battute, un bicchiere al bar e poi ciascuno per la sua strada, non senza essersi scambiati un biglietto da visita. Michel dice di essere passato da casa per poche ore per poi partire subito per Caracas (è un cinquantenne pilota d'aereo); in realtà a casa non lo aspetta nessuno, la sua storia d'amore con Yannik è finita (lei è morta). Lydia dal canto suo a casa ha un marito afasico per un incidente d'auto nel quale è morta la loro unica figlia.
Michel dopo aver avuto un incontro con un ammaestratore di cani, decide di andare a casa di Lydia e poi trascorrono la notte tra locali e feste. Lydia trascina Michel a casa della suocera dove è in corso una festa e perché vuole fargli conoscere il marito.
Lydia ad un certo punto racconta del loro incontro:

(Michel e Lydia durante tutta la notte si danno del "lei").
- Forse domani vengo via anch'io, se è d'accordo.
Ora vedrà Alain (il marito ndr) e capirà perché mi sono aggrappata a lei...
- Si è aggrappata a me? Lei ?
Sono perfino riuscito a ridere.
- Sì, io. Quando mi ha urtata per la strada e ci siamo guardati... Oh, sa com'è: quando si è disperati si è pronti a credere a tutto...
- La vita si difende sempre...
- Ecco, e poi, con molto garbo, ho preso le distanze.
Ma lei non aveva soldi per pagare il taxi, era smarrito e di nuovo, un attimo di assurda speranza... Sembrava un animale braccato, allo stremo...
- Una manna, insomma...
- È meraviglioso poter aiutare qualcuno quando noi stessi avremmo bisogno d'aiuto... Le ho dato nome e indirizzo, me ne sono andata, mi sono buttata sul letto, ho pianto e... aspettato. Verrà, verrà, voglio che venga.
Come una diciassettenne. Non bisogna farsi ingannare dai capelli bianchi, dalla maturità, dall'esperienza, da tutto quello che abbiamo imparato, dalle bastonate che abbiamo preso, da quel che mormorano le foglie d`autunno, da ciò che la vita può fare di noi quando ci prova davvero. Siamo sempre noi, con la stessa innocenza, e continuiamo a credere. Lei è arrivato, ma io sono stata
presa da... dall'impossibilità. Ho ricevuto una cosiddetta buona educazione, quella che ci circonda di barriere.
Per farle cadere ci vuole un vero colpo di testa. L`ho buttata fuori. Fortunatamente lei non aveva scampo ed è tornato... sono venuta a letto con lei.
Sorrise scialbamente.
-   Oh! Molto male. Ero bloccata, schiacciata dai tabù. Godere, si rende conto... Da quando la mia bambina è morta passo il tempo a cercare di convincermi che non ho il diritto di essere felice. Venire a letto per lei poteva ancora essere una scusante, era un dono, un sacrificio, un gesto quasi morale, ma farlo per me... Brr.
La morale è una vecchia pazza. Godere con un tizio che non si conosce, sono cose da nevrotici. Isteria pura. La frigidità è quando morale e psicologia vanno a letto insieme. Se abbiamo perso la nostra ragione di vita e proviamo comunque a vivere ci sentiamo in colpa...
All'improvviso s'interruppe e parve spaventata.
-- Dio mio, Michel, dimenticavo...
- Anch'io, - dissi. - Ma va bene così. Yannik (la compagna di Michel ndr) voleva che mi allontanassi. Sono andato un po' più lontano di Caracas. tutto qui.

(Da Romain Gary, Chiaro di donna, Casagrande, 2001 prima edizione, Bellinzona)

sabato 17 dicembre 2016

Te ne vai, Alfonsina, con la tua solitudine



Alfonsina e il mare

Sulla morbida sabbia lambita dal mare
Più non torna la sua piccola orma
Un sentiero solo di pena e silenzio
Raggiunse l’acqua profonda
Un sentiero solo di muta pena
Raggiunse la spuma.

Dio solo sa che angoscia ti accompagnò
Che antichi dolori tacque la tua voce
Per adagiarti cullata dal canto
Delle conchiglie marine
La canzone che canta nel fondo oscuro del mare
La conchiglia

Te ne vai, Alfonsina, con la tua solitudine
Quali nuove poesie sei andata a cercare?
Una voce antica di vento e di sale
Blandisce la tua anima
E ti porta via
E te ne vai per di là, come in sogno
Addormentata, Alfonsina, vestita di mare

Cinque sirenette ti porteranno
Per sentieri di alghe e corallo
E fosforescenti cavallucci marini
Ruoteranno accanto a te
E gli abitanti dell’acqua
Subito giocheranno accanto a te

Smorza la lampada un po’ di più
Lascia che io dorma, balia, in pace
E se lui chiama, non dirgli che ci sono
Digli che Alfonsina non torna
E se lui chiama, non dirgli mai che ci sono
Dì che me ne sono andata

Te ne vai, Alfonsina, con la tua solitudine
Quali nuove poesie sei andata a cercare?
Una voce antica di vento e di sale
Blandisce la tua anima
E ti porta via
E te ne vai per di là, come in sogno
Addormentata, Alfonsina, vestita di mare


martedì 13 dicembre 2016

Chiaro di donna in una notte scurissima



Trovo in un mercatino a Cesano Boscone un libro (Chiaro di donna ed. Casagrande, 2001) di Romain Gary e non posso fare a meno di prenderlo. Questo autore non mi ha mai deluso con gli altri suoi libri (La vita davanti a sé, Le promesse dell'alba, L'angoscia di re Salomone) e quindi mi fido.

La scrittura è quella sua solita: nervosa, a scatti, che lancia bagliori improvvisi e poi tutto è travolto nell'ombra.

Michel è un pilota rientrato temporaneamente a Parigi (un mare di ricordi lo sommerge) e si incontra per un piccolo incidente in strada con Lydia, una misteriosa quarantenne ebrea con un piccolo negozio di anticaglie. I due entrano in un bar per bere qualcosa poi lei se ne va, lasciando il suo biglietto da visita (preludio di un nuovo incontro).
Rimasto solo nel bar, Michel offre da bere ad un ammaestratore di cani che, con una scusa, ha attaccato bottone.


Il barbone reale drizzò le orecchie e sollevò il muso grigio e nudo.
- Forse avrà notato che non mi leva gli occhi di dosso. Si direbbe quasi che conosca il mio problema...
- Smrt (morte in serbo, ndr) - dissi.
- Esatto. Ha paura di rimanere solo. I cani sono tremendamente ansiosi. Anche se è possibile che muoia prima di me, vista l'età... ha quasi quattordici anni.
- Caspita! E siete insieme da molto?
- Da tredici. Apparteneva a una donna che ho molto amato. Se n'è andata con un acrobata ventiduenne... sa, le donne adorano aiutare i principianti... e mi ha lasciato Matto Grosso perché mi sentissi meno solo.

giovedì 8 dicembre 2016

Il tempo e la vita

Il mio interesse per la psichiatria è incomprensibile. Perché un chimico dovrebbe occuparsi della malattia mentale? Eppure fin dai tempi in cui frequentavo uno strampalato corso di psicologia tenuto (non ridete) al Politecnico di Milano (stiamo parlando del 1970 circa) la materia mi ha sempre appassionato. Non siate impertinenti correndo a facili conclusioni (avrei un segreto bisogno di cure psichiatriche). Quel corso mi ha insegnato una semplice cosa: che non esiste la "normalità".

Ma veniamo all'ultimo libro di Eugenio Borgna "Il tempo e la vita" e parto dalla fine: l'indice ci dice che le poco più di 200 pagine sono divise da ben 207 capitoli. Ed è un modo di scrivere per concetti brevi che mi affascina.
Seconda notazione: sono citati nel libro 170 altri libri solo in piccolissima parte di specialisti di psichiatria o psicanalisi. La maggior parte dei libri citata è invece di letteratura e di poesia. E questo è un altro punto a favore di questo lavoro di Eugenio Borgna.

L'autore parla del tempo e della sua percezione "scomodando" gli autori più vari e anche esperienze autobiografiche (la sua vicenda da sfollato sul Lago d'Orta durante la resistenza e la vita professionale nell'immediato dopoguerra all'interno del grande Manicomio di Novara).

Citare un brano del libro di Borgna che ha così tante citazioni, mi sembra esagerato e quindi invito semplicemente a leggerlo per chi è incuriosito dalla materia psichiatrica, dalla letteratura o dalla poesia. 

domenica 27 novembre 2016

Dipingere i fantasmi delle cose

A Brera ho sempre tirato dritto davanti alla "Natura morta su tavolo rotondo" di Giorgio Morandi: le trovano un "esercizio" da liceo artistico, fredde, senza emozione.


Un'amica mi consiglia di andare a vedere la casa di Morandi a Bologna con il suo studio dove ancora si possono vedere le sue composizioni di bottiglie. Questo particolare mi conferma nell'idea che si tratti di un esercizio un po' maniacale del pittore.
Eppure...
Riprendo in mano la guida di Brera e trovo l'opera e l'interpretazione di Lamberto Vitali (studioso d'arte e fotografia) che dice che questa opera è "popolata non dalle cose, ma dai fantasmi delle cose".
Naturalmente questo cambia tutto e apre orizzonti inesplorati.

PS Mi permetto di mettere una mia foto scattata con una vecchia Lubitel2 che va in quella direzione misteriosa e inesplorata. 



mercoledì 23 novembre 2016

Rocco Siffredi e P.P.Pasolini

Candore di Mario Desiati è la storia di Martino Bux, un romantico che ama la pornografia e paragona Rocco Siffredi a P.P.Pasolini. Si muove in quella terra di mezzo dei lavori perennemente precari, neri, nei quali il confine tra lecito ed illecito, tra pornografia e amore, tra omologazione e trasgressione è incerto. Anzi forse non c'è proprio. Almeno nella Roma dei locali ambigui che propongono lap dance e spogliarelli, nei sexi shop, negli affittacamere a ore. Sullo sfondo una capitale decadente, corrotta, meschina, in disfacimento. Nessuno se ne preoccupa: è così da sempre.  

Incipit.
Le amavo tutte.Cominciai guardando le eroine della Golden Age, che non prendevano neanche un caffè senza tenere addosso pizzi, veli e corpetti. Mi crogiolavo nei dettagli, gli anelli alle mani, la tensione di una caviglia sui tacchi alti, la grana del nylon in una calza scesa.

sabato 12 novembre 2016

Eh si, l'autunno...


Eh si, l'autunno
senza accorgersene 
è arrivato
ed ora
cerco di godere 
dei suoi infiniti colori.

mercoledì 9 novembre 2016

Voglia di non saperne più niente

I buoni suggerimenti di un'amica...

"A volte, semplicemente osservando su una cartina geografica il modo con cui il nostro paese si stende nel mediterraneo, con la testa a nord-ovest e i piedi a sud-est, la faccia quasi avvolta in una cortina di nubi eterne, e il calcagno quasi sommerso nel blu intenso del mare Ionio, mi prende un senso di pena; e se anche non conoscessi la storia di questo paese, e questa fosse per me una terra ignota, direi che il suo modo di riposare tra cielo, alte montagne d'Europa e cinque o sei mari, suggerisce stanchezza, oblio, ricordi di strazio e non so che immensa voglia di non saperne più niente"

da LE PICCOLE PERSONE, di Anna Maria Ortese, Adelphi, 2016 - il brano è stato scritto negli anni '70-'80. Il brano è titolato STORIA SENZA PACE DELL'ITALIA SENZA FRATELLI" pg. 58 - 

domenica 6 novembre 2016

venerdì 4 novembre 2016

4 novembre e l'inutile strage

LETTERA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XV
AI CAPI DEI POPOLI BELLIGERANTI
*

Fino dagli inizi del Nostro Pontificato, fra gli orrori della terribile bufera che si era abbattuta sull' Europa, tre cose sopra le altre Noi ci proponemmo: una perfetta imparzialità verso tutti i belligeranti, quale si conviene a chi è Padre comune e tutti ama con pari affetto i suoi figli; uno sforzo continuo di fare a tutti il maggior bene che da Noi si potesse, e ciò senza accettazione di persone, senza distinzione di nazionalità o di religione, come Ci detta e la legge universale della carità e il supremo ufficio spirituale a Noi affidato da Cristo; infine la cura assidua, richiesta del pari dalla Nostra missione pacificatrice, di nulla omettere, per quanto era in poter Nostro, che giovasse ad affrettare la fine di questa calamità, inducendo i popoli e i loro Capi a più miti consigli, alle serene deliberazioni della pace, di una « pace giusta e duratura ».
Chi ha seguito l'opera Nostra per tutto il doloroso triennio che ora si chiude, ha potuto riconoscere che come Noi fummo sempre fedeli al proposito di assoluta imparzialità e di beneficenza, così non cessammo dall'esortare e popoli e Governi belligeranti a tornare fratelli, quantunque non sempre sia stato reso pubblico ciò che Noi facemmo a questo nobilissimo intento.
Sul tramontare del primo anno di guerra Noi, rivolgendo ad Essi le più vive esortazioni, indicammo anche la via da seguire per giungere ad una pace stabile e dignitosa per tutti. Purtroppo, l'appello Nostro non fu ascoltato: la guerra proseguì accanita per altri due anni con tutti i suoi orrori: si inasprì e si estese anzi per terra, per mare, e perfino nell'aria; donde sulle città inermi, sui quieti villaggi, sui loro abitatori innocenti scesero la desolazione e la morte. Ed ora nessuno può immaginare quanto si moltiplicherebbero e quanto si aggraverebbero i comuni mali, se altri mesi ancora, o peggio se altri anni si aggiungessero al triennio sanguinoso. Il mondo civile dovrà dunque ridursi a un campo di morte? E l'Europa, così gloriosa e fiorente, correrà, quasi travolta da una follia universale, all'abisso, incontro ad un vero e proprio suicidio?
In sì angoscioso stato di cose, dinanzi a così grave minaccia, Noi, non per mire politiche particolari, nè per suggerimento od interesse di alcuna delle parti belligeranti, ma mossi unicamente dalla coscienza del supremo dovere di Padre comune dei fedeli, dal sospiro dei figli che invocano l'opera Nostra e la Nostra parola pacificatrice, dalla voce stessa dell'umanità e della ragione, alziamo nuovamente il grido di pace, e rinnoviamo un caldo appello a chi tiene in mano le sorti delle Nazioni. Ma per non contenerci sulle generali, come le circostanze ci suggerirono in passato, vogliamo ora discendere a proposte più concrete e pratiche ed invitare i Governi dei popoli belligeranti ad accordarsi sopra i seguenti punti, che sembrano dover essere i capisaldi di una pace giusta e duratura, lasciando ai medesimi Governanti di precisarli e completarli.
E primieramente, il punto fondamentale deve essere che sottentri alla forza materiale delle armi la forza morale del diritto. Quindi un giusto accordo di tutti nella diminuzione simultanea e reciproca degli armamenti secondo norme e garanzie da stabilire, nella misura necessaria e sufficiente al mantenimento dell'ordine pubblico nei singoli Stati; e, in sostituzione delle armi, l'istituto dell'arbitrato con la sua alta funzione pacificatrice, secondo e norme da concertare e la sanzione da convenire contro lo Stato che ricusasse o di sottoporre le questioni internazionali all'arbitro o di accettarne la decisione.
Stabilito così l'impero del diritto, si tolga ogni ostacolo alle vie di comunicazione dei popoli con la vera libertà e comunanza dei mari: il che, mentre eliminerebbe molteplici cause di conflitto, aprirebbe a tutti nuove fonti di prosperità e di progresso.
Quanto ai danni e spese di guerra, non scorgiamo altro scampo che nella norma generale di una intera e reciproca condonazione, giustificata del resto dai beneficai immensi del disarmo; tanto più che non si comprenderebbe la continuazione di tanta carneficina unicamente per ragioni di ordine economico. Che se in qualche caso vi si oppongano ragioni particolari, queste si ponderino con giustizia ed equità.
Ma questi accordi pacifici, con gli immensi vantaggi che ne derivano, non sono possibili senza la reciproca restituzione dei territori attualmente occupati. Quindi da parte della Germania evacuazione totale sia del Belgio, con la garanzia della sua piena indipendenza politica, militare ed economica di fronte a qualsiasi Potenza, sia del territorio francese : dalla parte avversaria pari restituzione delle colonie tedesche. Per ciò che riguarda le questioni territoriali, come quelle ad esempio che si agitano fra l'Italia e l'Austria, fra la Germania e la Francia, giova sperare che, di fronte ai vantaggi immensi di una pace duratura con disarmo, le Parti contendenti vorranno esaminarle con spirito conciliante, tenendo conto, nella misura del giusto e del possibile, come abbiamo detto altre volte, delle aspirazioni dei popoli, e coordinando, ove occorra, i propri interessi a quelli comuni del grande consorzio umano.
Lo stesso spirito di equità e di giustizia dovrà dirigere l'esame di tutte le altre questioni territoriali e politiche, nominatamente quelle relative all'assetto dell'Armenia, degli Stati Balcanici e dei paesi formanti parte dell'antico Regno di Polonia, al quale in particolare le sue nobili tradizioni storiche e le sofferenze sopportate, specialmente durante l'attuale guerra, debbono giustamente conciliare le simpatie delle nazioni.
Sono queste le precipue basi sulle quali crediamo debba posare il futuro assetto dei popoli. Esse sono tali da rendere impossibile il ripetersi di simili conflitti e preparano la soluzione della questione economica, così importante per l'avvenire e pel benessere materiale di tutti gli stati belligeranti. Nel presentarle pertanto a Voi, che reggete in questa tragica ora le sorti dei popoli belligeranti, siamo animati dalla cara e soave speranza di vederle accettate e di giungere così quanto prima alla cessazione di questa lotta tremenda, la quale, ogni giorno più, apparisce inutile strage. Tutti riconoscono, d'altra parte, che è salvo, nell'uno e nell'altro campo, l'onore delle armi; ascoltate dunque là Nostra preghiera, accogliete l'invito paterno che vi rivolgiamo in nome del Redentore divino, Principe della pace. Riflettete alla vostra gravissima responsabilità dinanzi a Dio e dinanzi agli uomini; dalle vostre risoluzioni dipendono la quiete e la gioia di innumerevoli famiglie, la vita di migliaia di giovani, la felicità stessa dei popoli, che Voi avete l'assoluto dovere di procurare. Vi inspiri il Signore decisioni conformi alla Sua santissima volontà, e faccia che Voi, meritandovi il plauso dell'età presente, vi assicuriate altresì presso le venture generazioni il nome di pacificatori.
Noi intanto, fervidamente unendoci nella preghiera e nella penitenza con tutte le anime fedeli che sospirano la pace, vi imploriamo dal Divino Spirito lume e consiglio.
Dal Vaticano, 1° Agosto 1917.

BENEDICTUS PP. XV

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giovedì 3 novembre 2016

Sventatezza di Antonia Pozzi

Ricordo un pomeriggio di settembre,
sul Montello. Io, ancora una bambina,
col trecciolino smilzo ed un prurito
di pazze corse su per le ginocchia.
Mio padre, rannicchiato dentro un andito
scavato in un rialzo del terreno,
mi additava attraverso una fessura
il Piave e le colline; mi parlava
della guerra, di sé, dei suoi soldati.
Nell’ombra, l’erba gelida e affilata
mi sfiorava i polpacci: sotto terra,
le radici succhiavan forse ancora
qualche goccia di sangue. Ma io ardevo
dal desiderio di scattare fuori,
nell’invadente sole, per raccogliere
un pugnetto di more da una siepe.

Milano, 22 maggio 1929



giovedì 20 ottobre 2016

Afasia


Quando sento recitare un libro che conosco mi accorgo quanti particolari ho perso nella lettura solitaria. Mi chiedo se sia una forma di afasia. Forse dovrei prendere l'abitudine almeno di sussurrare la lettura del libro confidando che usare 2 sensi invece di 1 raddoppi la mia capacità di comprensione.
Ho riletto con grande gioia le Dicerie dell'untore di Gesualdo Bufalino approfittando della trasmissione radiofonica di RAIRADIO 3 "Ad alta voce" e devo dire che l'ho molto apprezzata.
J.L. Borges sosteneva che lui non si sentiva affatto menomato per la perdita della vista, anzi. Ma lui aveva schiere di lettori pronti a saziare la sua "fame" di libri. I comuni mortali possono fare affidamento solo sulla radio e su qualche benemerita iniziativa editoriale...

Ecco qui il primo capitolo di Dicerie dell'untore

giovedì 13 ottobre 2016

Il mistero buffo di Dario Fo

Dario Fo (Sangiano, 24 marzo 1926 – Milano, 13 ottobre 2016 è stato un drammaturgo, attore, regista, scrittore, autore, illustratore, pittore, scenografo e attivista italiano.


Ho visto per la prima volta Dario Fo a Galliate nel suo indimenticabile "Mistero buffo" al "5" che allora era una sala da ballo. Parliamo del 1969 o '70. In sala in fondo si affacciarono i carabinieri e lui dal palco disse " vedo delle persone in fondo con una strana cravatta trasversale" ed il pubblico si girò tutto verso la porta di accesso e i carabinieri se ne andarono. Erano i tempi in cui i suoi spettacoli erano oggetto di denunce ed i controlli di Digos e Carabinieri erano costanti.


L'ultima volta che l'ho visto di persona è stato al Palazzo Reale quando c'era la sua mostra di bozzetti e quadri (24 marzo al 3 giugno 2012 "DARIO FO A MILANO lazzi sberleffi dipinti"). Lui si prestava a presentare la mostra girando con gruppi di 20-30 persone. In quella occasione gli ho chiesto alla fine della presentazione, timidamente, di autografare una riproduzione di un suo bozzetto e lui gentilmente ha messo un suo scarabocchio sulla stampa.


martedì 4 ottobre 2016

Ognuno per la propria vita


Quando il momento si annunciò con un colpo rovente che dallo stomaco spingeva verso il basso, lacerando i fianchi, i reni, l'intestino, capi che doveva svegliarsi da quell'imbambolimento e lottare. Non era soltanto una fatica, come aveva pensato. Era una lotta a morte che si scatenava dentro come se il corpo, prima integro, si fosse diviso in due, e una parte lottasse per mangiarsi l'altra.
- Grida! Grida che t'aiuta!
- La posizione è giusta. Bene si presenta. Grida e spingi! Così ce la fai!
Chi ce la fa? Quell'onda di dolore trascinante ? Doveva seguire quell'onda? Il suo corpo lottava con l'altro corpo che, come un masso di ferro, batteva al muro della pancia per uscire. Era lì il nemico, in quel masso che batteva per uscire dalla prigione, e vivere a costo di lacerare, distruggere il suo corpo che, anche se preparato, non ce la faceva a espellere quel nemico per non soccombere.

... 

Lo sentiva che era deciso a vivere a costo di uccidere. E con un'ultima spinta, che dalle spalle la percorse fino a tagliare con un colpo secco il bassoventre, le cosce, lo sentì cadere da sé con un tonfo muto, nel vuoto.

...

Perché gridava così? Piangeva per la sua vita conquistata, o perché, nel segreto dell'atto carnale, quell'essere sapeva di aver quasi ucciso per la vita? Solo il mio corpo e il suo sapevano il significato di quella lotta mortale e senza ostilità: ognuno per la propria vita.

Goliarda Sapienza, L'arte della gioia, Einaudi

giovedì 15 settembre 2016

Il fotografo di Spoon River

Spoon River – Edgar Lee Masters

Poesia n°106 – Penniwit, the Artist – traduzione con testo inglese

I LOST my patronage in Spoon River
Persi i miei mecenati a Spoon River

From trying to put my mind in the camera
perché provai a inserire il mio pensiero nella fotocamera

To catch the soul of the person.
per catturare l’animo della persona.

The very best picture I ever took
La miglior foto che feci mai

Was of Judge Somers, attorney at law.
fu quella del giudice Somers, l’avvocato.

He sat upright and had me pause
Sedeva eretto e mi fece aspettare

Till he got his cross-eye straight.
finché non raddrizzò il suo occhio strabico.

Then when he was ready he said “all right.”
Dopo quando fu pronto mi disse “tutto a posto.”

And I yelled “overruled” and his eye turned up.
E io gridai “obiezione respinta” e il suo occhio ritornò sù.

And I caught him just as he used to look
E lo fotografai proprio con la sua solita espressione

When saying “I except.”
quando diceva “Mi oppongo.”


lunedì 12 settembre 2016

Il farmacista di Spoon River

TRAINOR, IL FARMACISTA

Solo il chimico può dire, e non sempre,
cosa verrà fuori dall'unione
di fluidi o solidi.
E chi può dire
come uomini e donne reagiranno
fra loro, o quali figli ne risulteranno?
C'erano Benjamin Pantier e sua moglie,
buoni in sé stessi, ma cattivi l'uno con l'altro:
lui ossigeno, lei idrogeno,
loro figlio, un fuoco devastatore.
Io, Trainor, il farmacista, un mescolatore di sostanze chimiche,
morto mentre facevo un esperimento,
vissi senza sposarmi.

(Dall' "Antologia di Spoon River" di Edgar Lee Masters - Traduzione a cura di Fernanda Pivano)

Pensierino. Come capisco il farmacista Trainor! Ho applicato la chimica alla tintura tessile (più modestamente) e non agli uomini. La chimica tra uomini e donne è materia assai astrusa.

domenica 11 settembre 2016

Che fanno gli eremiti? Niente...

Quest'anno il contadino Gian Gavino Alivesu seminava il suo grano intorno alle rovine d'una chiesa, vicino al mare. Era un terreno aspro, duro da lavorare, e sebbene l'avesse avuto quasi per niente Gian Gavino si pentiva d'averlo preso. Ogni tanto, in quei pomeriggi ancora caldi d'autunno, dopo aver sudato a estirpare qualche grossa radice di lentischio o a buttare lontano dei sassi, si sollevava con la mano sulla schiena e guardava la linea verde del mare pensando che, dopo tutto, la miglior vita è quella degli eremiti. La leggenda ne faceva morire uno lì, fra le rovine della chiesa, uno che era campato centosette anni e nessuno, del resto, lo aveva veduto morire; tanto che Gian Gavino, ancora adolescente e di cuore semplice, a volte zappava piano per timore di ritrovarne e disturbarne le ossa. Sì, pensava curvandosi di nuovo sulla sua zappa, la vita degli eremiti è la migliore. Che fanno gli eremiti? Niente: mangiano quello che trovano, come uccelli, dormono e non cadono in peccato; pace in terra e pace nell'altro mondo.

(Grazia Deledda, Racconti, Sole 24 ore, 2016)

Pensierino. Da tempo penso che la vita degli eremiti sia la migliore... non mi decido a praticarla, ancora, ma ci manca poco.






mercoledì 7 settembre 2016

L'arte della gioia e l'attesa del ritorno

Entrai in una piccola stanza nitida, con pochi mobili, ma piena di giocattoli, treni, vapori. Su un tavolo una grande casa quasi costruita coi dadi. Mi guardai in giro, ma vidi solo una sedia da paralitico. Volevo tacere, ma non potei non chiedere:
- E fuori?
- No, è morto. Solo che secondo il testamento del principe, mio padre, tutte le stanze devono restare intatte, affinché, volendo, chi se n'è andato possa ritornare. Anche la sua, lassú, è intatta. Certe volte ho l'impressione di sentire l'odore del suo tabacco. Fumava la pipa. Qui invece non c'è nessun odore, forse perché non 1'ho conosciuto, chissà! Era il fratello piú grande di mamma, ed è morto prima che nascessi, a dieci, dodici anni. A quello che mi hanno detto si ammalò di artrite deformante e... poi la tisi, che so, il cuore - credo - e se n'è andato... Se vuoi conoscerlo meglio la c'è la fotografia. Vedi, il viso è bello, sembra una donna, vero?
Goliarda Sapienza, L'arte della gioia, Einaudi




martedì 30 agosto 2016

Notte sulla torre

Incombe la notte sulla torre. Il grande braciere sul colmo del promontorio è spento. Notte di calma cupa e di attesa. Il mare sotto, incurante di tutto, continua il suo instancabile movimento. Forse anche la sentinella della torre si è fatta prendere da questa apparente calma e si è assopita. Ha capito che la sua era una inutile attesa?



domenica 17 luglio 2016

E la terra ? Quando se ne parla ?

...Arrivano le Autorità...
Da  una  pattuglia  si  staccò un carabiniere che comunicò l'ordine ai cafoni. Diceva l'ordine:
    «E' permesso di sedersi per terra.»
Noi ci sedemmo per terra. Eravamo ubbidienti come scolari.  Seduti per terra  rimanemmo  circa un'ora.  Dopo  un'ora  di  attesa,  una nuova staffetta provocò una viva agitazione. All'angolo della piazza apparve un gruppo di autorità. I carabinieri ci ordinarono:
    «In  piedi,  in  piedi.  Gridate  forte:  Viva  i  podestà.  Viva  gli
    amministratori onesti. Viva gli amministratori che non rubano.»
Noi balzammo in piedi e gridammo come loro volevano:
    «Viva   i   podestà,   viva   gli  amministratori  onesti,   viva  gli
    amministratori che non rubano».
Tra gli amministratori-che-non-rubano il solo che  noi  riconoscessimo fu l'Impresario.  Dopo che gli amministratori-che-non-rubano si furono allontanati, col consenso dei carabinieri,  potemmo nuovamente sederci per terra. Berardo cominciò a trovare la cerimonia troppo lenta.
    «E la terra?» egli chiese ad alta voce ad alcuni carabinieri.  «Quando se ne parla?»
Il fontanile di Fontamara a Pescina che avrebbe ispirato l'autore

Ignazio Silone, Fontamara, Prima pubblicazione in Svizzera in lingua tedesca (tradotto da Nettie Sutro-Katzenstein) nel 1932. La prima edizione in italiano apparve nel 1934, pubblicata a spese dell'autore a Parigi, sotto la sigla fittizia di N.E.I. (Nuove edizioni italiane, Zurigo-Parigi). Nel 1945 il romanzo fu pubblicato dapprima a puntate, con parecchi errori e refusi, su una rivista italiana, dove Silone operò ingenti modifiche e correzioni. Nel 1947 uscì, con altre importanti modifiche, la prima edizione in volume, dall'Editore Faro di Roma.

La vicenda parte da...
Dal 1º giugno 1929 nel paese di Fontamara (nella Marsica, vicino ad Avezzano) non arriva più l'elettricità. Sperando di rimediare a questa “fatalità” ogni contadino analfabeta firma una misteriosa "carta bianca", portata da un graduato della milizia (il cav. Pelino), la quale si scoprirà essere in realtà l'autorizzazione a togliere l'acqua per l'irrigazione per indirizzarla verso i possedimenti dell'Impresario, un imprenditore legato al regime che ha ottenuto la carica di podestà.

[cfr Wikipedia voce Fontamara]

Commento. Pare che non sia cambiato nulla da allora: i prepotenti continuano imperterriti a farla da padroni e i cafoni (con l'i phone in mano, però) sono sempre manovrati.

martedì 12 luglio 2016

vAlEnTiNo ZeicHeN, poeta

UNA MENTALITA'

A "MONTE" RISIEDE IL VIZIO
DELLA MENTALITÀ MAFIOSA.
LA MAFIA NON STA SOLO
NEGLI ODIOSI CRIMINI
MAFIA È ANCHE SOTTINTESO
SOTTERFUGIO CHE SI INSINUA
NELLE ABITUDINI LINGUISTICHE
DI INCONSAPEVOLI ONESTI.
MAFIA È INTERDIZIONE
A COMUNICARE, CENSURA
È INCENTIVO AFFINCHÉ
SOSPETTO E DIFFIDENZA
CANCELLINO OGNI VERITÀ.
MAFIA È TRASCURARE I MURI
PRIVANDOLI DELL'INTONACO
LASCIARE
CHE LE CARTACCE VOLINO
E CHE LA LORO OMBRA
IMBRATTI LA TERRA
ABBANDONARE I "VUOTI A PERDERE"
E LE DEFORMI PLASTICHE
QUALE RITRATTO DEL DEGRADO.
UOMO DAI DOPPI FINI,
RICERCA LO SCAMBIO
DI PENSIERI "FRANCHI"
IN ZONA "FRANCA" DEL PENSIERO
PURTROPPO, QUESTO È IL SOLO
DEBOLE, ANTIDOTO AL MALE.
RACCOGLI LE CARTACCE
E OGNI ALTRA VARIETÀ DI RIFIUTI
DI TUA INIZIATIVA
SPAZZA LA STRADA PUBBLICA
INTONACA
E NON SARÀ DEL TUTTO VANO.

vAlEnTiNo ZeicHeN

giovedì 16 giugno 2016

Terminata la parentesi "politica"

Sono entrato anch'io nel tritacarne della politica amministrativa. Un'avventura difficile e dura, ma alla quale non potevo sottrarmi. Spero ci siano ancora tanti Cittadini che vogliono partecipare alla vita del proprio paese e portare il loro contributo. Non è un impegno "militante", ma un semplice dovere civico. 

sabato 23 aprile 2016

Dialoghi notturni

- Che fai mamma ?
- Prego.
- Ma sono le due di notte.
- Tu non preghi ?
- No, di notte non prego, dormo...
- La notte è lunga.
- Prega, ma a bassa voce, dormono tutti e anch'io vorrei dormire...

Torno nel letto e prego per lei.



Una guida dedicata al mio paese

  Lo scorso anno scolastico ho presentato un progetto alla Scuola secondaria di primo grado (le "medie" di una volta) un progetto ...