venerdì 27 gennaio 2017

Storie di famiglia

Mio nonno Guglielmo (1888-1949) era un imprenditore conciario: dopo aver fatto diversi anni di lavoro a Milano in conceria, ha deciso, con suo padre Carlo, di mettere su una piccola conceria al mio paese. Erano stufi, dicevano, di vedere un sacco di ruberie nell'azienda dove lavoravano. 
La nuova attività si era specializzato nella produzione di pelli per guanti e pellicciotti in lana per l'imbottitura di cappotti. L'organico di questa piccola attività era formato da tre operai, mio nonno e suo padre che lavoravano da mattina a sera. Il lavoro era prevalentemente manuale e consisteva nella trattamento di calce e solfuro in fossa per la depilazione delle pelli e poi la concia al tannino- Le pelli venivano messe ad asciugare all'aperto su trespoli di legno.


In più mio nonno curava sia l'acquisto delle pelli (si andava allora sotto i portici di Piazza dei mercanti a Milano il Sabato) che la vendita del prodotto finito.
Economicamente se la passava bene, mio nonno, e trovava il tempo per quello che era sempre stato il suo hobby: la musica. Infatti era oltre che un buon organista anche un direttore di corali (dirigeva quella del mio paese e di un paese vicino), ma non disdegnava di andare a suonare il piano sotto lo schermo del Cinema Pozzi di Busto Arsizio per accompagnare le pellicole mute.

Un giorno a casa si presenta un pittore e gli propone l'acquisto di un suo ritratto ad olio. Mio nonno è stupito, non ha commissionato nessun ritratto, ma, evidentemente lusingato, accetta di acquistarlo. Ora il quadro è in bella vista nel mio studio insieme ai ritratti di altri avi (i nonni di mio padre). Non è un "capolavoro", ma un ricordo di un nonno che non ho mai conosciuto se non dai racconti famigliari. 


giovedì 26 gennaio 2017

A mezz'acqua

Essere a mezz'acqua, come il tronco nella palude.
Non è galleggiare, non affondare.
Sospesi in un volo incatenato.


lunedì 23 gennaio 2017

Parlava instancabilmente


Applicabile senza dubbio a molti post su FB e Twitter.
"E per quanto Clara avesse poco da dire su di sé, ne parlava instancabilmente". 
Roberto Bolano, Chiamate telefoniche, Adelphi, p. 202.





Pensierino. E' la nuova "bulimia da parole e immagini" che invade il web. Come ha scritto Umberto Eco i social “hanno dato diritto di parola a legioni di imbecilli”. E, per carità, ho la mia quota di imbecillità anch'io. Ma sto provando a curarmi, almeno.


sabato 21 gennaio 2017

La serenità (breve) era possibile,

Vivere con Tony, ricorda Anne, era come vivere su una nave che solcava un mare liscio come una tavola. Fuori ogni giorno scoppiava una tempesta, la gente viveva sotto la minaccia di un terremoto personale, tutti parlavano di catarsi collettiva, ma lei e Tony si erano infilati in un cantuccio dove la serenità era possibile. Breve, dice Anne,  ma possibile.

(Roberto Bolano, Chiamate telefoniche, Adelchi,  2012. Dal racconto Vita di Anne Moore).

Pensierino. In attesa di quel attimo mi godo la tempesta. 

giovedì 19 gennaio 2017

La mitologia prima di Omero

Il mito Pelasgico della nascita del mondo in Robert Graves, I miti greci, Longanesi.

All'inizio Eurinome, Dea di Tutte le Cose, emerse nuda dal Caos e non trovò nulla di solido per posarvi i piedi: divise allora il mare dal cielo e intrecciò sola una danza sulle onde.
Sempre danzando si diresse verso sud e il vento che turbinava alle sue spalle le parve qualcosa di nuovo e di distinto; pensò dunque di iniziare con lui l'opera della creazione. Si voltò all'improvviso, afferrò codesto Vento del Nord e lo soffregò tra le mani: ed ecco apparire il gran serpente Ofione.
Eurinome danzava per scaldarsi, danzava con ritmo sempre più selvaggio finché Ofione, acceso di desiderio, avvolse nelle sue spire le membra della dea e a lei si accoppiò. Ora il Vento del Nord, detto anche Borea, è un vento fecondatore; spesso infatti le cavalle, accarezzate dal suo soffio, concepiscono puledri senza l'aiuto di uno stallone. E così anche Eurinome rimase incinta.
Subito essa, volando sul mare, prese la forma di una colomba e, a tempo debito, depose l'Uovo Universale. Per ordine della dea, Ofione si arrotolò sette volte attorno all'uovo, finché questo si schiuse e ne uscirono tutte le cose esistenti, figlie di Eurinome: il sole, la luna, i pianeti, le stelle, la terra con i suoi monti, con i suoi fiumi, con i suoi alberi e con le erbe e le creature viventi.
Eurinome e Ofione si stabilirono sul Monte Olimpo, ma ben presto Ofione irritò la dea perché si vantava di essere il creatore dell'Universo. Eurinome allora lo colpì alla bocca con un calcio, gli spezzò tutti i denti e lo relegò nelle buie caverne sotterranee.
Commento. Prima di Omero i miti più antichi (che si conoscono) ci presentano la nascita del mondo con protagonista Eurinome "colei che abita le ampiezze" o "colei che regna sugli spazi". Come per il Ramo d'oro di James Frazer, anche le "ricostruzioni" dei miti di Robert Graves sono molto contestate, ma rappresentano a loro volta una "mitologia" nella ricerca antropologica.


lunedì 16 gennaio 2017

sabato 14 gennaio 2017

Spaura allor questo deserto



...
Quando novellamente
nasce nel cor profondo
un amoroso affetto,
languido e stanco insiem con esso in petto
un desiderio di morir si sente:
come, non so: ma tale
d’amor vero e possente è il primo effetto.
Forse gli occhi spaura
allor questo deserto: a se la terra
forse il mortale inabitabil fatta
vede omai senza quella
nova, sola, infinita
felicità che il suo pensier figura:
ma per cagion di lei grave procella
presentendo in suo cor, brama quiete,
brama raccorsi in porto
dinanzi al fier disio,
che già, rugghiando, intorno intorno oscura.
...

Giacomo Leopardi

Pensierino. Quel verbo "spaurare" ci appare come una paura ingigantita che porta allo sgomento ed è il sentimento che prevale quando si scopre il deserto dei sentimenti.

martedì 10 gennaio 2017

Esprimere l'inafferrabile

Questo pensiero di Carl Gustav Jung contenuto in Psicologia e alchimia è stato (per me, almeno) illuminante: richiama alla "complessità" che è sempre unione di contrapposti. Ciascuno dei due estremi, preso per conto proprio, sarebbe "debole". Il paradosso e il mito sono le cose che svelano il "profondo" e immutabile che sta in tutti noi. (Sintesi forse un po' brutale, ma perdonerete).



Gli obiettori, particolarmente di parte cristiana, per i quali è impossibile che le enunciazioni più contraddittorie siano vere, devono tollerare a loro volta le seguenti domande: Uno è forse uguale a tre? Com 'è che tre può esser uno? Una madre può esser vergine? E così via. Non ci si è ancora accorti che tutte le enunciazioni religiose contengono contraddizioni logiche e asserzioni impossibili per principio, anzi, che proprio questo costituisce l'essenza delle asserzioni religiose? Tertulliano ha ben ammesso (De carne Christi, n. 5): “E morto è il figlio di Dio, ciò che è credibile proprio perché è assurdo. E sepolto è risorto: ciò che è certo perché è impossibile." Se il cristianesimo invita a credere a tali contraddizioni, non può, mi sembra, disapprovare chi dia diritto d'esistenza a qualche altro paradosso in più. Stranamente il paradosso appartiene ai beni spirituali più preziosi; l'univocità invece è segno di debolezza. Per questa ragione una religione impoverisce nel suo intimo quando perde o diminuisce i suoi paradossi; se invece li aumenta, diventa più ricca, poiché solo il paradosso è capace di abbracciare, anche se soltanto approssimativamente, la pienezza della vita; mentre ciò che è univoco, che non ha contraddizioni, è unilaterale, e quindi inadatto a esprimere l'inafferrabile.

domenica 8 gennaio 2017

Senza confettura di ciliege



Ormai da quindici anni, ogni 5 settembre, i miei vecchi fanno i bagagli e vanno, carichi di un mucchio di cose inutili, a passare quindici giorni a Herceg Novi. Mio padre non sopporta il mare, mia madre non ne è troppo entusiasta, ma là possono, seduti su una panchina sulla riva, contemplare a lungo, quando cala la sera, l’isola di Manula dove il loro figlio maggiore, Ešo, fu fucilato il 16 luglio 1942. Io sono certo che mia madre porta in un barattolo un po’ di confettura di ciliege. Ešo ne rubava sempre in cucina. Così i miei vecchi, nel crepuscolo a Herceg Novi, fissano con lo sguardo il punto che fu il suo ultimo soggiorno terrestre. Turismo orribile quello della tristezza. Io non lo auguro a nessuno!

1973

Izet Sarajlic


Pensierino. "Turismo orribile quello della tristezza", vero. Per i genitori del poeta è una tristezza condivisa, in qualche modo se ne porta il peso in due. Forse. Quando la tristezza ti prende da solo è insopportabile. Non c'è nessuna confettura di ciliege a portata di mano.

martedì 3 gennaio 2017

La porta chiusa

C'è sempre una porta chiusa
Dentro noi.
Bussiano tutta la vita
Sperando che qualcuno apra.
Ma la chiave c'è e l'abbiamo in tasca
E non sappiamo di averla.

Una guida dedicata al mio paese

  Lo scorso anno scolastico ho presentato un progetto alla Scuola secondaria di primo grado (le "medie" di una volta) un progetto ...