mercoledì 13 giugno 2018

Il riposo dello spirito, il gabinetto e la pioggia

Sempre, quando, in visita ai monasteri di Kyôto o di Nata, chiedo a qualcuno di indicarmi i gabinetti - e sono gabinetti all'antica, affogati nella penombra, meticolosamente netti tuttavia - un senso di riconoscenza profonda mi prende per quel che di unico v'è nell'architettura giapponese. Amabile cosa è il “soggiorno” delle nostre case - lo cha no ma -, ma solo il gabinetto giapponese è interamente concepito per il riposo dello spirito. Discosti dall'edifìcio principale, i gabinetti stanno accucciati sotto minuscoli cespi selvosi, da cui viene odore di verde di foglie, e di borraccina. È bello, là, accovacciarsi nel lucore che filtra dallo shöfi, e fantasticare, e guardare il giardino.
Tra i sommi piaceri dell'esistenza Natsume Sôseki annoverava le evacuazioni mattutine: piacere fisiologico, che solo nel gabinetto alla giapponese, fra lisce pareti di legno dalle sottili venature, mirando l'azzurro del cielo e il verde della vegetazione, si può assaporare sino in fondo. Insisto: sono necessari una lieve penombra, nessuna fulgidezza, la pulizia più accurata, e un silenzio così profondo che sia possibile udire lontano un volo di zanzare. Senza tali requisiti non si dà gabinetto ideale.
Quando mi trovo in un simile luogo molto mi piace udire la pioggia che cade con dolcezza uniforme. 

(Jun' ichirō Tanizaki, Libro d'ombra, Bompiani, 2018)


Pensierino. Provo ad ascoltare questa incessante e fastidiosa pioggia da un altro punto di vista. 

2 commenti:

  1. Una kikka dalle molteplici emozioni.
    M.

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  2. Il brano ( inconsueto ) che hai proposto ha un suo nitore; il tuo pensierino una sottile ironia...

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