giovedì 27 dicembre 2007

Amicizie

E’ morto per un banale incidente un amico. Era una di quelle amicizie nate in gioventù che si perdono nel tempo per i casi della vita. Ricordo una delle ultime volte che abbiamo parlato, erano i primi anni ‘70. Mi aveva attirato a casa sua nello studio paterno per un vero e proprio confronto di idee. Altri tempi: si parlava e ci si appassionava di politica, di religione, di tutto. Era stato il suo modo (l’avevo capito dopo) di emanciparsi dalle idee di un certo cattolicesimo critico che aveva i suoi punti di riferimento ideali in Lorenzo Milani, Primo Mazzolari, Giovanni Franzoni, Giorgio La Pira e l’esperienza dell’Isolotto di Enzo Mazzi. Erano movimenti che nascevano dalla grande ispirazione del Vaticano II e che per un attimo hanno fatto respirare aria nuova anche nella Chiesa non lasciandola ai margini della grande stagione del '68. Una stagione breve, come abbiamo visto poi, immediatamente ricacciata nella marginalità, mentre veniva consacrata la leaderschip di Comunione e liberazione.
In quella discussione il mio interlocutore contrapponeva a queste idee di rinnovamento (che erano dominanti a quel tempo nei gruppi cattolici novaresi, forse creando anche un certo conformismo) una visione tutt’altro che moderna della società. Anzi a me sembrava una concezione tradizionalista che aveva nella destra politica e nella Chiesa ben salde radici. Aveva visto giusto, anche se con 10 anni di anticipo: quella sarebbe stata la linea vincente.
Parlava di gerarchia nella società e nella Chiesa e quindi d’ordine: c’era chi aveva il diritto/dovere di governare/comandare e chi di ubbidire, i poveri dovevano stare al loro posto non dovevano disturbare il manovratore. Gli facevo notare che quella non si discostava molto dalla impostazione medioevale della società e che forse qualcosa nel frattempo era successo. Ma era inutile evocare la Rivoluzione francese che era uno dei principali obiettivi di questi neo conservatori. Lo abbiamo scoperto poi leggendo i testi di Luigi Giussani e Gianni Baget Bozzo. Lo leggiamo oggi nelle sempre più stringenti parole di papa Ratzinger.
Da quella volta non avemmo più discussioni e me ne dispiace. Era un congedo ad un certo mondo e si avvicinava il momento in cui ciascuno avrebbe fatto le scelte della sua vita. Per lui si apriva il mondo della professione al quale avrebbe dato tanto impegno e capacità.
Ciao, un abbraccio.

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