lunedì 31 ottobre 2011

La bomba di riso

Nessuno si deve spaventare (neanche il Ministro Sacconi che sembra molto agitato), parliamo di un piatto lombardo. Si parte dal classico risotto alla milanese che non può che essere quello de La Scienza in Cucina e l'Arte di Mangiar Bene, Manuale pratico per le famiglie compilato da Pellegrino Artusi (790 ricette) e, in appendice, "La cucina per gli stomachi deboli" (copia del libro originale mi è stata regalata da una cara zia come eredità):


RISOTTO ALLA MILANESE 
Eccovi un altro risotto alla milanese; ma senza la pretensione di prender la mano ai cuochi ambrosiani, dotti e ingegnosi in questa materia.
Riso, grammi 300.
Burro, grammi 50.
Un quarto di cipolla mezzana di grandezza. Marsala, due dita di bicchiere comune. Zafferano, quanto basta.
Rosolate la cipolla, tritata fine, con la metà del burro; versate il riso e dopo qualche minuto la marsala. Tiratelo a cottura col brodo e quando sarà cotto aggiungete il resto del burro e lo zafferano sciolto in un poco di brodo; per ultimo il pugnello di parmigiano.
Basta per tre persone.

Questa è la ricetta che sempre c'è stata nella mia famiglia: semplice, pratica e gustosa.

Ma ecco l'ingegnosità culinaria cosa combina. Questa è una ricetta che veniva fatta in occasione di grandi feste (Natale e Pasqua) e che ancora oggi nelle riunioni di famiglia si propone.

PREPARAZIONE DELLA BOMBA DI RISO
Si prende il risotto giallo e si mette in una forma tonda con il buco in mezzo (quelle usate per fare i ciambellani) e si mette al forno in modo che si formi una croccante cristicina.
Intanto si prepara un soffritto di cipolla e si aggiungono fegatini , rognoncini ed interiora varie di pollo. Si bagna con vino e si cuoce poco per non far indurire troppo. Si mantiene anche un po' di sughetto.
Quando il riso è pronto si mette in un gran piatto e nel buco in mezzo si depongono i fegatini col loro sughetto 

Buon appetito. 




domenica 30 ottobre 2011

Lieve offerta, Antonia Pozzi



LIEVE OFFERTA
                         Vorrei che la mia anima ti fosse
                         leggera
                         come le estreme foglie
                         dei pioppi che s'accendono di sole
                         in cima ai tronchi fasciati
                         di nebbia -
                         Vorrei condurti con le mie parole
                         per un deserto viale, segnato
                         d'esili ombre -
                         fino a una valle d'erboso silenzio,
                         al lago -
                         ove tinnisce per un fiato d'aria
                         il canneto
                         e le libellule si trastullano
                         con l'acqua non profonda -
                         Vorrei che la mia anima ti fosse
                         leggera,
                         che la mia poesia ti fosse un ponte,
                         sottile e saldo,
                         bianco -
                         sulle oscure voragini
                         della terra.
                         Antonia Pozzi


Pensierino. La lievità, si. Ecco quello che mi manca è una "offerta lieve". Si affastellano i sentimenti come in un magazzino, alla rinfusa e non trovo più niente. Non trovo nemmeno più la chiave del magazzino. Eppure dentro quel deposito confuso c'è tutta la mia vita. Si, mi manca di fare una offerta lieve pescando dentro a quel magazzino.

sabato 29 ottobre 2011

Shakespeare , Il racconto d'inverno e l'allegoria del Tempo (Atto IV, Scena 1 nella traduzione di Goffredo Raponi su Liber liber)

Trama da Wikipedia. Polissene e Leonte sono, rispettivamente, i re di Boemia, una strana Boemia che si affaccia sul mare, e di Sicilia, grandi amici di infanzia. Polissene va a rendere omaggio a Leonte in Sicilia, e vi permane nove mesi, al termine dei quali si accinge a salutare l'amico per tornare nel suo regno. Leonte, dispiaciuto per la partenza, supplica l'amico di restare, e prega anche la propria moglie, Ermione, di dissuaderlo dall'andar via. Inizialmente inamovibile, Polissene cede alle lusinghe di Ermione e decide di prolungare il soggiorno: Leonte, però, sembra turbato dall'eccessiva confidenza tra i due. Poiché Ermione è in avanzato stato di gravidanza, in Leonte si insinua il sospetto che la paternità non sia sua ma dell'amico Polissene. Roso dalla gelosia, incarica Camillo, barone di Sicilia, di avvelenare l'amico: quest'ultimo, sebbene non voglia contraddire il suo re, si trova in conflitto poiché non intende macchiarsi dell'omicidio. Polissene, avvertito da Camillo, decide di fuggire e porta con sé il cortigiano per risparmiarlo dalla punizione di Leonte. La fuga, però, conferma i sospetti di Leonte, che allontana Mamilio, il suo piccolo figlio, da Ermione, e la offende verbalmente, facendola condurre poi in prigione nonostante il suo stato: la condizione le procurerà un parto prematuro, così che Ermione darà alla luce una bimba che chiamerà Perdita. Per sincerarsi dei suoi sospetti, Leonte decide di interrogare l'Oracolo di Delfi, e manda presso di lei Cleomene e Dione, due cortigiani, per raccoglierne il responso.
Nel frattempo Paolina, moglie del barone di Sicilia Antigono, preleva la piccola dalla prigione in cui è nata ed affronta Leonte, dichiarandosi pronta a giurare sulla nobiltà di Ermione. Leonte la caccia in malo modo, ma non trova il coraggio di far uccidere la piccola: la affida così ad Antigono, chiedendogli di sbarazzarsene. Intanto Ermione viene processata, ma il responso dell'oracolo, che avrebbe dovuto decretarne la colpevolezza, depone invece a favore della regina, che viene dichiarata casta e vittima di un marito geloso. Leonte è incredulo, quando giunge la notizia che Mamilio, privato dell'affetto della madre e sapendola accusata dal padre, muore di crepacuore. Alla notizia, Ermione ha un malessere: portata fuori dal tribunale, ne annuncerà la morte Paolina, condendo il suo discorso contro il re con parole severe. A Leonte non rimane altro che scontare il rimorso della morte della moglie e dei figli a causa dei suoi infondati sospetti.
Antigono intanto, giunto alle sponde della Boemia, abbandona la piccola Perdita che viene trovata e raccolta da un contadino ed un pastore, che la accudiscono facendole da padri ma che non ne conoscono la reale identità sebbene capiscano, dai tesori che la piccola ha con sé, che sia di nobili origini. Antigono viene nel frattempo sbranato da un orso e la nave che lo ha condotto in Boemia affonda: in tal modo, nessuno in Sicilia sa che Perdita è stata risparmiata da morte certa dai due uomini. Passano quindici anni e Perdita, divenuta una fanciulla bellissima, si innamora di Florizel, figlio di Polissene ignaro che la giovine fosse figlia di un re. D'altro canto Florizel, per non svelare la sua identità, si spaccia agli occhi dei pastori come un loro simile, assumendo il nome di Doricle.


IL TEMPO - Io, che gli uomini tutti metto a prova, ai buoni gioia, terrore ai cattivi;
che creo l’errore e lo rendo palese,
or come Tempo uso le mie ali,
e le dispiego. Non mi fate colpa
se d’un tratto sorvolo sedici anni
e lascio qui non tratto sulla scena
quanto è successo in quest’ampio intervallo: è mia prerogativa
sovvertire la legge di natura
ed impiantare usanze e soppiantarle
in qualunque momento ch’io lo voglia. Immaginate dunque che trascorso
io sia tal quale sono sempre stato
dal primitivo ordine del mondo
fino a quello che impera in questa età. Così com’io son stato testimone
di quanti eventi si son succeduti
nel mondo fino alla presente età,
tale sarò di quelli freschi d’oggi,
salvo a velar la loro lucentezza
col solo raccontarli.
Perciò, vostra pazienza permettendo, do un giro alla clessidra,
e vi racconto il seguito del dramma come se in tutti questi sedici anni
voi non aveste fatto che dormire. Abbandoniamo per ora Leonte,
così straziato dai tragici frutti
della sua forsennata gelosia
da ridursi in clausura, fuor del mondo, e immaginatevi, gentile pubblico,
or nella bella terra di Boemia. Ricorderete che v’ho già accennato
a un figlio di quel re,
che vi nomino adesso: Florizel, mentre passo a parlarvi di Perdita, cresciuta tanto in grazie ed in bellezza da stupire. Ma più non vi dirò
di tutto quello che sarà di lei:
lasciamo qui la cronaca del Tempo appalesarsi nella sua realtà.
Sarà dunque la figlia d’un pastore
e tutto quanto attiene alla sua vita l’argomento ch’io Tempo vi propongo. E voi, se al vostro tempo mai fu dato di trascorrere peggio che ora qui, concedeteci questo;
e sia lo stesso Tempo che vi parla
ad augurare cordialmente a tutti
che mai abbiate a trascorrerlo peggio.
(Esce)

Continua la trama. Polissene e Camillo, desiderosi di capire le strane frequentazioni di Florizel, si mascherano da contadini e, sotto mentite spoglie, si presentano ad una festa campestre desiderosi di spiare il principe. La festa è ricca di danze e di personaggi particolari come il vagabondo Autolico, truffatore e ladro di professione. Polissene, capite le intenzioni del figlio di sposare Perdita, svela la propria identità alla ragazza ed intima a Florizel di lasciar perdere la ragazza, minacciando quest'ultima di non vedere più suo figlio. Camillo consiglia al giovane di tentare una via di fuga: presentarsi a Leonte con Perdita fingendo di essere tornati da lui per cancellare i ricordi dell'accusa di adulterio che Polissene si vide infliggere quindici anni prima; in tal modo Camillo avrebbe potuto anche tornare nel paese natìo, spingendo Polissene a rincorrere il figlio.
Giungono in Sicilia, alla corte di Leonte, prima Florizel e Perdita, spacciata per principessa della Libia; dopo poco arrivano Polissene e Camillo in città, ed anche Autolico con i pastori che trovarono anni prima la piccola Perdita sulla spiaggia boema, desiderosi di dire la verità sulla ragazza, nella quale avevano riconosciuto una discendenza nobile. Si scopre la verità ed i re, con i rispettivi figli, si trovano tutti in casa di Paolina per festeggiare. I due pastori nel frattempo, aiutati da Autolico nel portare la verità a galla, gli strappano la promessa di condurre una vita migliore e senza sotterfugi di dubbia moralità.
Nella casa di Paolina è custodita una statua dalle sembianze di Ermione: Leonte si strugge dal dolore guardando come essa sia perfettamente somigliante alla moglie. Paolina allora svela che la statua è in realtà Ermione stessa, trasformata in statua per magia per non permetterle di morire di dolore: rompe così l'incantesimo, riconducendo la regina a nuova vita. La tragicommedia si conclude con il preannunciato matrimonio tra Florizel e Perdita e tra Camillo e Paolina.



Visto a Milano il 28/10/2011


giovedì 27 ottobre 2011

Morire significa essere una maschera, perché chi non ha la vita di un uomo, è soltanto la maschera di un uomo, William Shakespeare (Enrico IV)


Nella nostra cultura la maschera ha assunto due funzioni: quella di nascondere e quella di spaventare. Ma la lettura fatta alle origini della cultura del mediterraneo porta verso altre interpretazioni.
Nel suo bel libro Karoly Kerényi, Miti e misteri, Universale Bollati Boringhieri, 1979 ci accompagna in un'altra lettura della maschera.  


Testa di Gorgone in terracotta, da Siris-Heraclea (Matera)
Un'altra tunzione quasi inevitabile della maschera e quelle di  spaventare. Vi é un particolare tipo di maschera arcaico che più di tutti gli altri tipi ‘serve a questa funzione: la Gorgone. A questa figura terrificante i racconti mitologici attribuiscono un potere mortifero che da essa s’irradierebbe.“ Con cio pero la funzione particolare della Gorgone non e piu semplicemente di spaventare: e la morte per irrigidimento davanti alla vista terribile. La rigidità e propria di tutte le maschere, anche delle piu antiche maschere teatrali fatte di tela; anzi, in certo qual modo anche dell’ancor piu primitiva pitturazione del volto? Nel mitologema della Gorgone, tale funzione, intensificata, appare come effetto di un essere sovrumano, di un volto che esercita quest’effetto anche dopo essere staccato, insieme con la testa, dal corpo. Maschera e Gorgone non vanno separate, esse sono identiche. I due più antichi tipi di maschera greci - il tipo maschile: Dioniso, e quello femminile, la Gorgone - hanno questo in comune: essi sono le maschere, essi inizialmente potevano esistere per se stessi, senza portatori umani. Ancor prima pero ci deve essere stato un portatore umano: senza questo, la maschera quale invenzione E' inconcepibile.” Prescindendo da quel genere non greco di maschera che nelle tombe micenee o in quelle di Treheniste copriva i volti dei morti, di modo che cio che la maschera rappresentava e cio che nascondeva erano identici, rimane, nella maschera, un momento non trascurabile il fatto ch’essa crea un rapporto tra l’uomo e un altro essere. La maschera nasconde, la maschera spaventa, soprattutto pero essa cred una relazione tra l’uomo che la porta e l’essere che essa rappresenta.
Cosi la maschera, per la sua rigidità inerente, viene messa in connessione anzitutto con i morti che essa, nella sua applicazione arcaica, rappresenta presso diversi popoli.“ Essa crea un rapporto tra i vivi e i morti. Gli uni si trasformano negli altri, o piu esattamente: la maschera determina una loro unione che si compie nell’anima del portatore della maschera, non solo esteriormente. La maschera - così si può definire nel miglior modo la sua funzione - è lo strumento di una trasformazione unificatrice: lo è in senso negativo, in quanto essa elimina i limiti divisori, come nel nostro caso quelli tra vivi e morti, facendo apparire ciò che è nascosto; in senso positivo, in quanto tale liberazione del nascosto, dimenticato o trascurato, comporta, da parte del portatore della maschera, un'identificazione con esso.


domenica 23 ottobre 2011

Larghezza e restringimento

Da Ricordi in penombra. Dialogo sul cinema di Andrea Zanzotto con Luciano Giusti. 


Disegni di Federico Fellini sulla copertina
"Mi verrebbe voglia di approfondire queste cose... Si conquista sempre più col tempo l'idea di larghezza di opportunità che però è il moto contrario al restringimento delle effettive possibilità."


ANDREA ZANZOTTO, IL CINEMA BRUCIA E ILLUMINA, MARSILIO, 2011

mercoledì 19 ottobre 2011

Andrea Zanzotto (1921-2011)


Elegia Pasquale


Pasqua ventosa che sali ai crocifissi
con tutto il tuo pallore disperato,
dov'è il crudo preludio del sole?
E la rosa la vaga profezia?
Dagli orti di marmo
ecco l'agnello flagellato
a brucare scarsa primavera
e illumina i mali dei morti
pasqua ventosa che i mali fa più acuti

E se è vero che oppresso mi composero
a questo tempo vuoto
per l'esaltazione del domani,
ho tanto desiderato
questa ghirlanda di vento e di sale
queste pendici che lenirono
il mio corpo ferita di cristallo;
ho consumato purissimo pane

Discrete febbri screpolano la luce
di tutte le pendici della pasqua,
svenano il vino gelido dell'odio;
è mia questa inquieta
Gerusalemme di residue nevi,
il belletto s'accumula nelle
stanze nelle gabbie spalancate
dove grandi uccelli covarono
colori d'uova e di rosei regali,
e il cielo e il mondo è l'indegno sacrario
dei propri lievi silenzi.

Crocifissa ai raggi ultimi è l'ombra
le bocche non sono che sangue
i cuori non sono che neve
le mani sono immagini
inferme della sera
che miti vittime cela nel seno.

sabato 15 ottobre 2011

(Es)senza



Nel tempo dell'inganno universale...


L'inganno
Signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, vedo con piacere che dopo due mesi di crisi, risse e litigi, avete trovato il modo di dividervi le poltrone. Spero che adesso ve ne starete un po’ tranquilli, almeno fino al 1992. Spero che adesso per un po’ lascerete in pace la gente; quella gente che è sempre più delusa, ha sempre meno speranze e sta comprendendo sempre di più che tutti questi inutili litigi in famiglia servono solo a chi cerca il potere e vuole usarlo senza essere controllato.

Il nostro è il paese europeo in cui i governi e le legislature durano di meno, i cui elettori sono chiamati più spesso a votare, in media una volta ogni tre anni, ma in questo caso abbiamo rischiato di interromperla dopo neanche due anni dal suo inizio: un record dei record. Credo che denunciare tutto ciò sia molto importante per tutti. Il nostro rischia di diventare l’ultimo paese in Europa e questo non certo a causa mia, cioè della strega Cicciolina, ma per queste crisi continue che servono solo a chi vuole trovare nuovi equilibri di potere, ignorando completamente i contenuti, le proposte, le cose da fare. Le formule di Governo cambiano, ma le vostre facce rimangono sempre le stesse. C’è sempre Gava, c’è sempre Mammì, c’è sempre Misasi, c’è sempre cicciolino Andreotti. Siete sempre gli stessi, e la cosa più grave è che anche i problemi sono sempre gli stessi, ma voi fate finta di niente e continuate a chiedere voti, a far cadere i vostri stessi governi e a farli resuscitare. Gli anni passano e le vostre facce restano. Le facce di chi avrebbe potuto fare e non ha mai dato, di chi è sempre stato sospettato ma non è mai stato condannato, di chi si fa schiaffeggiare con finta tolleranza, di chi ha sempre promesso e non ha mai mantenuto.

A proposito di promesse non mantenute: quando era Presidente del Consiglio, Ciriaco De Mita promise che avrebbe cacciato le pornostar dal Parlamento. È passato qualche mese, lui se ne è andato ed io sono rimasta.

[Ilona Staller parla di violenza sulle donne, di aborto, di Aids, di pari opportunità, di libertà di opinione, d'espressione, della libertà della cultura, del diritto dei detenuti alla sessualità, poi conclude...]

Cari colleghi, abbiamo un nuovo Governo: è un Governo vecchio, vecchio negli uomini, vecchio nei programmi, vecchio nelle parole; è un Governo vecchio, composto dagli stessi uomini che sono colpevoli di avere permesso che le periferie delle nostre grandi, grandi città diventassero simili a villaggi messicani e i nostri mari a insalate di alghe. Governi vecchi come questo ne abbiamo avuti tanti che votare la sfiducia a tutti alla lunga è anche faticoso. Cosi, giuro che mi era venuta la tentazione di votargli la fiducia, giusto per regalargli il voto della pornostar di cui tutti quanti avete molta paura. Sarebbe un regalo che imbarazzerebbe un po’ tutti i bigotti che ci sono tra voi; sarebbe un brutto regalo sicuramente, però ve lo sareste meritato. Poi ci ho ripensato: la fiducia è meglio darla solo al governo ombra di Achille Occhetto, il vostro è solo un’ombra di Governo e nulla merita.

Discorso della Deputata Ilona Staller alla Camera, il 29 luglio 1989.


giovedì 13 ottobre 2011

Potrei... (pensierino pigro)


Potrei
non muovermi più di casa


basterebbe il ricordo
di momenti già vissuti
foto già scattate



per far rinascere l'emozione...

Foto scattate due o tre vite fa (e sono "solo" prima del gennaio 2003)

P.S. Nella prima foto un airone cinerino immerso (non sperduto) nella mia valle...

mercoledì 12 ottobre 2011

Little thinks, Hanne Hukkelberg, Leaf, 2005


Searching

I was a lovely hunter
With just fingers and a palm
I'd hunt a dust through a gentle breeze
And grab it between the point and thumb
I raised a dust, started the search
The more I tried the harder it became
But when I sat down, it fell into my hand

I was a lonely hunter
Bow and arrow on my back
I couldn't see, had to count on my heart
Then i knew i would find the one
I tried the best i could
But got lost in the woods
Searched all night, but couldn´t see
But now that I can see
My man will come to me


[possibile (ma improbabile) traduzione]
Sono stato un cacciatore bella
Con solo dita e un palmo
Mi caccia una polvere attraverso una leggera brezza
E afferrare tra il punto e il pollice
Ho sollevato una polvere, ha iniziato la ricerca
Più cercavo più difficile diventa
Ma quando mi sono seduto, cadde in mano

Sono stato un cacciatore solitario
Arco e la freccia sulla schiena
Non potevo vedere, ha dovuto contare sul mio cuore
Poi sapevo che avrei trovato
Ho provato il meglio che ho potuto vedere
Ma si è perso nel bosco
Cercato per tutta la notte, ma non riuscivo a vedere
Ma ora che posso vedere
Il mio uomo verrà a me

ps inutile dire perché un simile album mi piace...


lunedì 10 ottobre 2011

Sesso e terza età (ma nessuno sa dire quando inizia questa benedetta terza età)

Lo devo dire. Lo so , lo so... mi attirerò dietro un sacco di critiche e di proteste soprattutto delle lettrici di questo blog. E' vero , l'età mi consiglierebbe prudenza. Ma forse la stessa età di permette di sbilanciarmi con leggerezza, senza badare alle reazioni o, meglio, sfruttando le reazioni per affondare le mie provocazioni. Dunque...

Le donne sono disinteressate al sesso. Non so perché. E' uno dei misteri che circonda la loro personalità. C'è il mito che loro ne possono fare a meno, lo vivono come una faccenda da "sbrigare" velocemente. Avanzano anche giustificazioni di tipo biologico-psicologiche. Sono sempre più "scocciate" dalle avances dei loro partner che devono "starsene tranquilli" al loro posto. Questa, naturalmente, è una cosa incomprensibile agli uomini. O almeno (non vorrei generalizzare, perché anche tra gli uomini ci sono fior di ipersensibili), almeno a me è assolutamente incomprensibile. Da qui nasce la dissimulazione che prevede una strana commedia: è l'uomo che chiede di fare l'amore e la donna, a enne condizioni imprevedibili, lo concede. Uno pensa  il sesso che si è liberato dall'obbligo riproduttivo e raggiunge la terza e la quarta età dovrebbe essere vissuto con più serenità... E invece no, sembra sia un "fastidioso avanzo" di altri tempi...

Mi sbaglio?

PS No, non dovevi scriverlo questo post ! Cosa ti è saltato in mente ???

domenica 9 ottobre 2011

mercoledì 5 ottobre 2011

Dialogo tra il Gran Kan e Marco Polo


Dice  il Gran Kan a Marco Polo : - Tutto é inutile, se l'ultimo approdo non può essere che la città infernale, ed è là in fondo che, in una spirale sempre più stretta, ci risucchia la corrente.
E Polo risponde: - L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme.
Due rnodi ci sono per non soffrirne. II primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.

(dalla post-fazione di Italo Calvino a Le città invisibili)


Pensierino. Che si sono detti Marco Polo ed il Gran Khan veramente? Certo non si sono parlati. Certo ognuno di loro ha voluto comunicare con gesti, comportamenti, abbigliamento, doni, festeggiamenti... Ciascuno avrà dovuto scavare nei "segni" essenziali della propria cultura per far riconoscere quelli che riteneva universali. E, dunque, cosa si sono detti ?

martedì 4 ottobre 2011

Foto e realtà

Ho fatto delle foto agli ultimi fiori del giardino: rose rosse scarlatte, grandi margherite, rinsecchite ortensie e delicati fior di vetro. Le ho volute fare di grande risoluzione e qualità. Ed eccole qui sul computer : apro la cartella , sfoglio le immagini e... non mi trovo. L'immagine non è come l'ho immaginata. Eppure l'ho vista proprio così quella rosa, o forse no, non era così... E quella margherita? Neanche lei non era così. Ma come è possibile ?
Se "fotografiamo" un oggetto e dopo pochi istanti non lo riconosciamo più, cosa rimarrà degli impalpabili sentimenti ?  
Ecco alcune foto...



Per i sentimenti alla prossima...

sabato 1 ottobre 2011

Felice chi vi mira, ma...

Felice chi vi mira,
ma più felice è chi per voi sospira.
Felicissimo poi chi, sospirando,
chi sospirando, fa sospirar voi.
O bene amica stella,
chi, per donna sì bella,
può far contento in un l’occhio e ‘l desio,
e sicuro può dir: quel cor è mio!

Sigismondo d'India: Primo Libro de Madrigali

Una guida dedicata al mio paese

  Lo scorso anno scolastico ho presentato un progetto alla Scuola secondaria di primo grado (le "medie" di una volta) un progetto ...