martedì 5 settembre 2023

Al diavolo l'Eden

L'intelligenza si pone ormai chiaramente, in questo tempo di abbaglianti trionfi, non più come rivale della ragione, ma come suo successore e erede. È l'erede. Questo conflitto era già in nuce, secondo alcune leggende e in quanto alla Bibbia, essa è esplicita. L'albero del bene e del male, e l'albero della vita sono stati le prime mire dell'intelligenza. Al diavolo l'Eden, sembra aver detto la famosa Coppia: sapere e dominare è tutto. E il mondo, come lo vediamo oggi, e soprattutto il suo orizzonte, e poi l'odore di bruciato e di carneficina che sale dovunque, dicono che il progetto si è realizzato, l'Eden è abbattuto, l'albero del bene e del male, e l'albero della vita, saccheggiati, si piegano come anime in pena flagellate da una bufera infinita. Questo è stato, dopotutto, il compito della intelligenza, che pure, nella gioventù del mondo, si presentava ornata di infinite attrattive e promesse. La Bibbia, quindi, o è memoria (di una storia che sfugge dalla più ardita immaginazione), o è presagio: di ciò che doveva accadere, ed è accaduto. 

Anna Maria Ortese, Non da luoghi in esilio da Corpo celeste, Adelphi, 1997


Pensierino. Straziante rivelazione che ci pone davanti allo sfacelo del mondo in cui l'uomo (la sua intelligenza) sembrava fosse al centro di tutto. Conclusioni che mi ricordano molto le visioni profetiche di Pier Paolo Pasolini.



venerdì 1 settembre 2023

Recensione non richiesta di "DEP & DAP LEXICON"

Non appena ho saputo che Marina Pierani aveva pubblicato il suo libro "DEP & DAP LEXICON. Lessico di una DEpressa con Disturbi da Attacchi di Panico", l'ho subito ordinato su Amazon.

Con Marina ci scambiamo ogni tanto dei messaggi via web attraverso i nostri blog e qualche mail. L'ho importunata delle volte inviandole dei miei scritti e ha sempre avuto la pazienza di rispondere con parole fin troppo gentili per quei modesti lavori.
Mi aveva incuriosito il suo libro "L'ascoltatrice" (autoprodotto nel 2010 con ilmiolibro.it ed ora ripubblicato anche come e-book) che raccontava la sua esperienza di mettersi su una panchina del parco e ascoltare le storie delle persone che si sedevano accanto. Mi aveva affascinato la sua capacità di tradurre in storie di poche righe la vita di persone non illustri come avrebbe detto Giuseppe Pontiggia. 
La brevità in letteratura per me è un valore: impone dei limiti, costringe alla sintesi e quindi all'essenziale, richiede una disciplina nella scelta delle parole per essere compresi con poco o nulla e lascia spazio alla fantasia del lettore. In questo gusto la mia formazione tecnica mi ha molto condizionato.
Avevo letto sul suo blog (inezieessenziali) di un certo travaglio per decidersi a pubblicare questo piccolo libro e mi chiedevo quali fossero le remore. Ho scartato subito la "civetteria senile" come lei stessa l'ha bollata e quando l'ho letto ho capito subito che queste remore erano del tutto ingiustificate. 
Non sono un lettore veloce, anzi sono abbastanza lento, eppure queste 108 pagine sono volate via d'un soffio.
La scrittura di Marina Pierani è ricca e piacevole e, malgrado il tema sia una specie di scandaglio doloroso della depressione che colpisce la protagonista, il tutto è trattato con una grande leggerezza che a volte strappa delle complici risate.
Non essendo ne un critico letterario, ne tanto meno un letterato, mi posso permettere osservazioni del tutto marginali, se volete anche un po' superficiali.

Non nascondo che ho tenuto a portata di mano durante tutta la lettura il dizionario etimologico e consultato qualche libro di filosofia e di psicologia, tanto il lessico è ricco di lemmi e rimandi. Ho solo evitato di approfondire i termini "farmacologici" accontentandomi di sorridere alla descrizione dei "bugiardini" che ne fa Marina. Questo esercizio di ricerca delle parole che ad altri può sembrare faticoso, per me è uno stimolo per leggere un libro: una lingua ricca che tenti di farci evadere dalla prigione delle 500 parole che siamo abituati ad usare nel linguaggio comune è una benedizione, un vero arricchimento.
Della complessità del mondo interiore femminile non posso che rimanere incantato e un po' in soggezione. Mi pare di trovarmi di fronte ad una cattedrale gotica quando spesso noi uomini siamo abituati a modeste chiesette di campagna. A dire il vero entrambi (la cattedrale e la chiesetta) hanno un loro fascino ed è bene che ciascuno coltivi la bellezza raffigurata dalle ardite guglie dell'una e dalle linee essenziali, pulite e povere dell'altra. La complessità fa bene, comunque.
Il libro è il percorso di una guarigione, precaria, certamente non definitiva, perché nulla è scontato quando si parla di "anima". Un percorso stretto, fatto di parole codificate in una rigida retorica, ma in cui il CASO gioca un ruolo forse essenziale. Che il CASO abbia un nome, Goran è il mistero degli incontri della vita che bisogna solo saper cogliere. Marina l'ha fatto.   



 
   

Una guida dedicata al mio paese

  Lo scorso anno scolastico ho presentato un progetto alla Scuola secondaria di primo grado (le "medie" di una volta) un progetto ...