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lunedì 18 marzo 2013

Cred'ïo ch'ei credette ch'io credesse

I balletti della politica sono pochissimo appassionanti tranne per coloro che ci partecipano (e sono molti). Il verso di Dante nel XIII Canto dell'Inferno sintetizza l'aggrovigliarsi dei pensieri, dei sospetti, delle diffidenze, della malafede o almeno delle incomprensioni che finiscono per paralizzare ogni azione per il bene comune. Anche perché è il particulare che interessa agli italiani e non la res publica.
Funzionale a questo modo di intendere la cosa pubblica è il gregarismo dilagante, figlio dell'irresponsabilità personale che conduce inevitabilmente alla rinuncia ad essere Cittadini protagonisti.
Ma niente di nuovo si compie, oggi, come ci ricorda Trilussa...

NUMMERI
di Trilussa
- Conterò poco, è vero:
- diceva l'Uno ar Zero -
ma tu che vali? Gnente: propio gnente.
Sia ne l'azzione come ner pensiero
rimani un coso voto e inconcrudente.
lo, invece, se me metto a capofila
de cinque zeri tale e quale a te,
lo sai quanto divento? Centomila.
È questione de nummeri. A un dipresso
è quello che succede ar dittatore
che cresce de potenza e de valore
più so' li zeri che je vanno appresso.
1944


PS personale. Quando rileggo Trilussa non posso fare a meno di pensare a mio padre Peppino. Le poesie di Trilussa sono state le uniche letture che mi faceva da piccolo. Lui, nato per caso a Roma, aveva messo da parte qualche ricordo di quella infanzia spensierata a rubar fichi all'Acqua Acetosa e tra questi c'era anche la poesia di Trilussa. La leggeva sfogliando l'edizione con la copertina telata celeste e le pagine sottili che ho sempre visto in casa ed io lo stavo ad ascoltare, divertito.

Per una amica

 Ti avevo inviato i miei auguri di buon compleanno il 24 agosto. Erano tre anni che non rispondevi, ma continuavo ad inviarti un mio messagg...