martedì 20 febbraio 2018

Dialogo tra il Cavaliere e la Morte nel Settimo sigillo di Ingmar Bergman

Antonius è un cavaliere che ritorna dalla terra santa con il suo scudiero. Sulla spiaggia incontra la Morte che lo vuole prendere. Antonius propone alla Morte una partita a scacchi che si svolge in varie tappe lungo il percorso che il Cavaliere sta facendo per tornare a casa. Antonius e il suo scudiero entrano in una chiesa e mentre lo scudiero parla col pittore che sta affrescando una parete, Antonius si avvicina ad una grata dietro la quale crede ci sia un sacerdote e chiede di potersi confessare...


ANTONIUS: Vorrei confessarmi ma non ne sono capace, perché il mio cuore è vuoto. Ed è vuoto come uno specchio che sono costretto a fissare. Mi ci vedo riflesso e provo soltanto disgusto e paura. Vi leggo indifferenza verso il prossimo, verso tutti i miei irriconoscibili simili. Vi scorgo immagini di incubo nate dai miei sogni e dalle mie fantasie.
MORTE: Non credi che sarebbe meglio morire?
ANTONIUS: È vero.
MORTE: Perché non smetti di lottare?
ANTONIUS: È l'ignoto che m'atterrisce.
MORTE: Il terrore è figlio del buio.
ANTONIUS: Che sia impossibile sapere? Ma perché? Perché non è possibile cogliere Dio coi propri sensi? Per quale ragione si nasconde tra mille e mille promesse e preghiere sussurrate e incomprensibili miracoli? Perché io dovrei avere fede nella fede degli altri? Che cosa sarà di coloro i quali non sono capaci né vogliono avere fede? Perché non posso uccidere Dio in me stesso? Perché continua a vivere in me sia pure in modo vergognoso e umiliante anche se io lo maledico e voglio strapparlo dal mio cuore? E perché nonostante tutto egli continua a essere uno struggente richiamo di cui non riesco a liberarmi? Mi ascolti?
MORTE: Certo.
ANTONIUS: Io vorrei sapere, senza fede, senza ipotesi, voglio la certezza. Voglio che Iddio mi tenda la mano e scopra il suo volto nascosto e voglio che mi parli.
MORTE: Il suo silenzio non ti parla?
ANTONIUS: Lo chiamo e lo invoco, e se Egli non risponde io penso che non esiste.
MORTE: Forse è così, forse non esiste.
ANTONIUS: Ma allora la vita non è che un vuoto senza fine. Nessuno può vivere sapendo di dover morire un giorno come cadendo nel nulla senza speranza.
MORTE: Molta gente non pensa né alla morte, né alla vanità delle cose.
ANTONIUS: Ma verrà il giorno in cui si troveranno all'estremo limite della vita.
MORTE: Sì, sull'orlo dell'abisso.
ANTONIUS: Lo so, lo so ciò che dovrebbero fare. Dovrebbero intagliare nella loro paura un'immagine alla quale dare poi il nome di Dio.
MORTE: Sei molto agitato.
ANTONIUS: Stamane è venuta da me la Morte. Abbiamo iniziato una partita a scacchi. Col tempo che guadagnerò, sistemerò una faccenda che mi sta a cuore.
MORTE: E di che si tratta?
ANTONIUS: Ho passato la vita a far la guerra, a andare a caccia, ad agitarmi, a parlare senza senno. Senza ragione. Un vuoto. E lo dico senza amarezza e senza vergognarmene, perché lo so che la vita della maggior parte della gente è tale. Ma ora voglio utilizzare il respiro che mi sarà concesso, per un'azione utile.
MORTE: Mmmh-mh Per questo hai sfidato a scacchi la Morte?
ANTONIUS: Sì. Conosce il gioco molto bene, ma fino a questo momento, io non ho perso una pedina.
MORTE: E credi davvero che alla fine riuscirai a batterla?
ANTONIUS: Adopero una tattica che evidentemente essa ignora. Al nostro prossimo incontro, porterò un attacco sul fianco.
MORTE: Lo terrò presente.
ANTONIUS: Ti stai beffando di me, ma non mi fai paura. Ne sono certo, troverò il modo di batterti.
MORTE: Ci rivedremo alla locanda, e lì continueremo la partita.

Pensierino. Ingaggiare una partita a scacchi con la Morte è temerario. Ma di cose temerarie gli uomini ne fanno tante. Contro ogni buon senso. D'altra parte la Morte è un "non senso" per definizione.

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