Ho sentito parlare per la prima volta di S'Accabbadora solo qualche anno fa, quando, per ragioni che non vi sto a spiegare, ho cominciato a frequentare la Sardegna.
Notte tempo una donna vestita di nero e velata si avvicinava alla casa e bussava alla porta. Era attesa. Anzi era stata chiamata e l'aspettavano. In quella casa c'era un ammalato grave, ma che non "riusciva a morire". Da cosa fosse trattenuto in questo mondo nessuno lo sapeva. Certo doveva essere qualche motivo molto grave, un peccato non confessato o addirittura non perdonato, qualcosa che impediva alla sua coscienza di liberarsi. L'anima dunque rimaneva imprigionato in un corpo che una malattia aveva portato ormai all'estremo e che pure resisteva. Diventare vecchi non è forse l'estremo atto di egoismo ?
La donna velata arrivata nella notte veniva portata nella stanza del moribondo e lasciata sola. Non si conosce nulla di quello che succedesse esattamente dentro. Il rituale prevedeva che qualche giorno prima i parenti avessero allontanato ogni immagine sacra dalla stanza, ogni catenina o anello che il moribondo avesse addosso.
Quando la donna velata usciva dalla stanza, la morte aveva compiuto il suo fatale compito e non rimanga che preparare il morto per la sepoltura.
Vedo già qualcuno storcere il naso. Ma a me questo rituale di passaggio arcaico e misterioso pare affascinante e rispettoso. Che poi sia affidato ad una donna (portatrice di vita e donatrice di morte) mi pare di una grandezza simbolica enorme.
Ho fotografato questa immagine alla fonte di Su Gologone (sulla strada che da Dorgali porta ad Oliena): dalla roccia sorge acqua in abbondanza proveniente (qualcuno sostiene) dal Perù. Non era il luogo ideale per parlare di vita e di morte ?
Amo la Sardegna e da tempo ci torno quasi ogni anno. Un caro saluto
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