martedì 24 ottobre 2017

Incomunicabilità nella malattia o empatia


Come avvicinarsi alla malattia Se ci avviciniamo ai pazienti senza emozioni, e senza commozione, affidandoci a gesti banali, e a parole fredde e indifferenti, quotidiane e senza anima, dimentichiamo che, anche nelle situazioni estreme, non sappiamo, non possiamo sapere, quanta attenzione, e quanta sensibilità, ancora sopravvivano, e quanta segreta nostalgia ci sia di una vicinanza umana silenziosa, e gentile. Non lasciamoci distrarre dalla falsa opinione che non abbia senso ricercare modi di incontro, modi di vicinanza umana, capaci di alleviare almeno per un istante la solitudine e la disperazione dei pazienti. Non c'è assistenza, e non c'è cura possibile, se non muovendo dalla consapevolezza dell'altro insondabile mondo, in cui si vive nella malattia di Alzheimer; e delle metamorfosi del tempo che ne conseguono. Divenire consapevoli di queste metamorfosi aiuta ad evitare atteggiamenti che accrescano la nostra distanza dai pazienti, la loro solitudine e il loro isolamento, e ne alimentino la aggressività, come quelli che richiedono cose che non sono in grado di fare, e non tenendo conto del loro modo di vivere, e anzi di non-vivere, né nel tempo dell'orologio né del tempo vissuto.
Nonostante tutto è necessario rispettare la dignità, alla quale anche i malati di Alzheimer hanno diritto in ogni momento della loro sofferenza, sapendo che il contesto sociale e familiare, il contesto di cura, ha una sua influenza sul modo con cui la malattia sia rivissuta dai pazienti.
(Eugenio Borgna, Il tempo e la vita, Universale economica Feltrinelli, 2016)

Pensierino. Oggi che c'è una oggettiva e diffusa incapacità a comunicare (alla faccia dei social network) c'è contemporaneamente un bisogno crescente di empatia con persone (non solo) ammalate da giocare tutta sul terreno della comunicazione emozionale (quella più difficile).



5 commenti:

  1. Dura inconsapevole decisione dell'essere
    Maurizio

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  2. Certa "comunicazione" manca anche a me.

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  3. ciao guglielmo, un bel passo...
    le persone malate hanno fame e sete di sensibilità e pazienza.Impegnarsi a garantirle è un atto umanissimo che supporta e restituisce emozione

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