martedì 5 maggio 2020

Lucenti e rigide come antichissime statue

La festa è iniziata e dai casolari scendevano ai paesi (trasfigurati dalla memoria) di Schiazzano, di Montecchio, di Marciano, di Alisistri e Metamunno (paesi "alla marina" fuori Althénopis - la Napoli della Ramondino) le maestose matrone popolane.

Passano le vecchie dei casolari vestite di seta cangiante, marrone o verde bottiglia o nera, che noi vedevamo invece sempre infagottate o discinte, con le gambe nodose di varici e i piedi deformi, levati a volte su una pietra a riposare. Passavano vestite dalla testa ai piedi, lucenti e rigide come antichissime statue, depositarie di sapienza, tutrici della terra, dei parti, dell'allevamento dei figli, della cura dei malati e dei pazzi, e custodi delle basilari regole di civile e religiosa convivenza.

Questo capitolo del libro di Fabrizia Ramondino è molto evocativo e come si svolge la festa, prima religiosa, con i suoi riti della processione e benedizione, e poi di festa laica con le bancarelle e i "fuochi" finali, i fidanzati che si appartano, i bambini che sgusciano ovunque, curiosi, mi ha ricordato la mia infanzia e quelle atmosfere, anche se da noi, nella Lombardia di San Carlo, le commistioni tra religione e festa "pagana" erano assolutamente vietate. Eppure, malgrado questa cupezza imposta, c'era comunque un che di gioioso, che apriva al sorriso.

Il libro della Ramondino devo dire che solo a tratti mi ha entusiasmato, in particolare questo capitolo delle feste e gli ultimi del "Ritorno al nord", con il racconto del confronto/scontro con la madre. Lì il racconto si fa nervoso, sincopato, con frasi brevi, flash taglienti di una "normalità" borghese rifiutata. Per il resto la minuziosa descrizione della saga familiare personalmente stufa un po', ma è un giudizio molto sommario.

Rimane un libro da leggere.

Fabrizia Ramondino, Althénopis, Einaudi, ultima edizione 2016



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