(Prima di guardare il film, spegni la musica del blog sulla destra)
lunedì 28 febbraio 2011
La polvere (I bambini-arcobaleno di Kolkata) un film di Giuseppe Carrieri
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sabato 26 febbraio 2011
venerdì 25 febbraio 2011
Non indegnamente mi addentro
Non indegnamente mi addentro nelle tenebre, scriveva Giordano Bruno. Di fronte a noi ci sono solo tenebre: difficile vedere, anche solo in lontananza, un flebile luce. Eppure, anche di fronte a tale Nulla che ci circonda, avvolge e sovrasta, a molti viene di muoversi mantenendo una propria integrità, una caparbia dignità.
Altri per le stesse ragioni si lasceranno andare alle più inique bassezze proprio perché valuteranno quel Nulla come assenza di senso e quindi giustificazione per tutto.
Il Nulla ti assale
Misteriosa origine di astri
e di lombrichi
il settimo giorno
pure per te
è un sogno.
Il Nulla da ogni parte ti assale,
tu sai di essere la fonte
anche dei virus
e di tarli
e di tignole:
e noi
coscienza di pensarti
senza sapere mai
chi tu sia.
David Maria Turoldo, Canti ultimi, Garzanti
Altri per le stesse ragioni si lasceranno andare alle più inique bassezze proprio perché valuteranno quel Nulla come assenza di senso e quindi giustificazione per tutto.
Il Nulla ti assale
Misteriosa origine di astri
e di lombrichi
il settimo giorno
pure per te
è un sogno.
Il Nulla da ogni parte ti assale,
tu sai di essere la fonte
anche dei virus
e di tarli
e di tignole:
e noi
coscienza di pensarti
senza sapere mai
chi tu sia.
David Maria Turoldo, Canti ultimi, Garzanti
martedì 22 febbraio 2011
Attesa di qualcosa che (forse) non verrà
da Acqua rotta
cantare per intero
tu che spingi le cose fino alla fessura
di questo mondo e le corredi
d'ombra e di mistero.
Niente tu sei. Il più bel
niente in attesa che il respiro
si faccia orma terrestre,
segno, piega, spigolo e lato
e forma. Attesa e segno.
Pensierino. Siamo sempre in attesa. Forse è una predisposizione del nostro animo. Anche quando "abbiamo" qualcosa (così ci pare, almeno), subito ci sentiamo "in attesa". Sentirsi "appagato" dura un attimo, l'amore perfetto che scopriamo una mattina è già tramontato la sera. Sembra che non "reggiamo" la perfezione, ma allo stesso tempo la aneliamo, instancabilmente.
Anche "quel" nome non lo sappiamo o meglio, sapendolo, non osiamo pronunciarlo o lo pronunciamo a sproposito. Siamo in equilibrio tra il silenzio e lo sproloquio-bestemmia. Vorremmo che parlasse per rivelarsi e temiamo di sentire, improvvisamente, la sua voce.
Siamo in attesa di un segno che (forse) non verrà mai o che mai vorremmo ci fosse per continuare a sperare di scoprirlo...
domenica 20 febbraio 2011
Mariangela Gualtieri, Senza polvere senza peso, Einaudi, 2006
da Acqua rotta
Cambio le belle lenzuola di bianco
tiro per bene, nessun increspo né piega
nessun millimetro pendente fuori dalla
armonica stesura del bene. Qui dorme
lei, qui lui. Si vede non so da cosa.
Qui lei e lui si scambiano segni evoluti
della specie, accostano forma a forma
mettono tutti i respiri in un posto, insieme,
setacciano il mondo nella camera buia
e l'ultimo che s'addormenta sente l'altro
andare lontano, nel suo respiro di lottatore
che ha mollato la presa.
Pensierino. Mi sono fermato di fronte a quel "si scambiano segni evoluti della specie" e mi sono chiesto che cosa potessero essere questi "segni". Non sono parole, questo è certo. Dunque il linguaggio di questi segni è il corpo. Ma il linguaggio del corpo è un codice che può essere ambiguo ed approssimativo come tutti i linguaggi. Questo fatto, contrariamente a quanto si possa semplicemente pensare, è la sua bellezza e la sua forza. Posso immaginare che qualcuno ambisca alla perfezione ed univocità del linguaggio binario dello "0" e dell' "1". Ma quale perdita sarebbe di sfumature, di inganni, di ambiguità, di fraintendimenti e di grandi , sublimi, comprensioni.
venerdì 18 febbraio 2011
giovedì 17 febbraio 2011
Musica d'altri tempi
Un concerto di una orchestra di 18 elementi che suona Mendelsshon e Mozart in provincia è difficile da vedere quanto un capello sulla testa di Mister B.. Così, malgrado una serata di pioggia, il Festival di San Remo e mi dicono una partita di calcio in contemporanea, un centinaio di persone non ha trovato di meglio da fare che uscire, imbarcarsi su un'auto per qualche chilometro di strada (le distanze in provincia sono incolmabili senza mezzi privati !), infradiciarsi nel scendere e gustarsi al modico prezzo di 10 € un concerto di un'ora e mezzo di un'orchestra di giovani elementi provenienti dal Conservatorio di Milano. Miracoli della natura !
La musica dal vivo è un'altra cosa, tanto più quella da camera classica. Non sono un musicista, ma apprezzo la musica e capisco il suo linguaggio tanto che è forse una delle poche cose che mi fa venire ancora oggi i brividi e qualche volta anche le lacrime.
Figlio di un musicista (riconvertito da maestro di banda ad altra professione più prosaica) ho sempre ascoltato musica in casa: mio padre suonava il pianoforte e quando tornava dal lavoro spesso si metteva al suo Bluthner e intonava arie d'opera o Notturni di Chopin, spingendosi fino agli spartiti di San Remo di quegli anni là ('60-'70) e quando vedo un violoncello oggi mi ricordo di quello che lui ha tenuto per tanti anni in un angolo del salotto e che poi un giorno (a malincuore, credo) ha deciso di vendere per inutilizzo. Il violoncello è uno strumento molto esigente e richiede un esercizio costante ed assiduo e mio padre l'aveva abbandonato quasi subito dopo il conservatorio prima per la guerra e poi per il poco tempo che gli lasciava il lavoro.
Il violoncello è uno strumento bellissimo come voce e con la viola sono gli strumenti che più amo. I violinisti sono sempre un po' nervosi con quello strumento striminzito in mano che pare che gli scappi da sotto le dita da un momento all'altro. Quelli che suonano la viola ed il violoncello sono invece più paciosi, meno tesi, inclini alla pancetta e al sorriso. Poi che suono esce da lì: caldo, avvolgente, senza punte e strilli e squilli, ti prende per mano e ti sembra di allontanarti in un prato verde pieno di margherite.
Da ragazzo mio padre mi aveva fatto apprezzare un grande violoncellista che si chiamava Pablo Casals, famoso soprattutto per la sua versione delle Suites per violoncello solo di Johann Sebastian Bach e poi il suo allievo Mstislav Rostropovič che riusciva a tirar fuori dallo strumento delle sonorità allo stesso tempo potenti e vibranti. Ancora oggi è una grande emozione ascoltarli.
La musica dal vivo è un'altra cosa, tanto più quella da camera classica. Non sono un musicista, ma apprezzo la musica e capisco il suo linguaggio tanto che è forse una delle poche cose che mi fa venire ancora oggi i brividi e qualche volta anche le lacrime.
Figlio di un musicista (riconvertito da maestro di banda ad altra professione più prosaica) ho sempre ascoltato musica in casa: mio padre suonava il pianoforte e quando tornava dal lavoro spesso si metteva al suo Bluthner e intonava arie d'opera o Notturni di Chopin, spingendosi fino agli spartiti di San Remo di quegli anni là ('60-'70) e quando vedo un violoncello oggi mi ricordo di quello che lui ha tenuto per tanti anni in un angolo del salotto e che poi un giorno (a malincuore, credo) ha deciso di vendere per inutilizzo. Il violoncello è uno strumento molto esigente e richiede un esercizio costante ed assiduo e mio padre l'aveva abbandonato quasi subito dopo il conservatorio prima per la guerra e poi per il poco tempo che gli lasciava il lavoro.
Il violoncello è uno strumento bellissimo come voce e con la viola sono gli strumenti che più amo. I violinisti sono sempre un po' nervosi con quello strumento striminzito in mano che pare che gli scappi da sotto le dita da un momento all'altro. Quelli che suonano la viola ed il violoncello sono invece più paciosi, meno tesi, inclini alla pancetta e al sorriso. Poi che suono esce da lì: caldo, avvolgente, senza punte e strilli e squilli, ti prende per mano e ti sembra di allontanarti in un prato verde pieno di margherite.
Da ragazzo mio padre mi aveva fatto apprezzare un grande violoncellista che si chiamava Pablo Casals, famoso soprattutto per la sua versione delle Suites per violoncello solo di Johann Sebastian Bach e poi il suo allievo Mstislav Rostropovič che riusciva a tirar fuori dallo strumento delle sonorità allo stesso tempo potenti e vibranti. Ancora oggi è una grande emozione ascoltarli.
martedì 15 febbraio 2011
Roma, come l'ho vista
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Lo studio di Caravaggio (ricostruzione in base all'inventario) |
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Giardino di Villa Borghese |
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Trastevere |
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Sovrapposizioni |
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Portare la croce nella carne |
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Il riposo del gladiatore |
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Se hai fretta non ti fermare qui |
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Caravaggio moderno |
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Giordano Bruno impassibile |
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Pantheon con doppio buco |
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Un cortile semplice semplice |
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L'abbondanza della Natura |
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Dietro |
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Sopra |
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Una delle tante fontane |
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Pasquino mutilato (metafora dell'informazione oggi) |
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Non bisogna mai aver paura dell'ignoto |
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Mi ci vorrebbe un angelo |
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Città reclusa ? |
sabato 12 febbraio 2011
All'ombra di Roma
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Ecco spesso la religione "ufficiale" mi sembra così: un angelo con le ali di ferro... Assai più calzante mi pare l'immagine del cardinale di Francis Bacon (quadreria moderna dei Musei vaticani)... |
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Arrivederci Roma da Ponte San Sisto |
venerdì 11 febbraio 2011
giovedì 10 febbraio 2011
martedì 8 febbraio 2011
La solitudine dell'anima
"Non lasciarti imprigionare da nessun affetto. Preserva la tua solitudine. Il giorno, se mai verrà, in cui ti fosse dato un vero affetto, non ci sarebbe opposizione fra la solitudine intima e l'amicizia; anzi tu potrai riconoscerla proprio a quel segno infallibile. Gli altri affetti debbono essere severamente disciplinati".
Simone Weil, L'ombra e la grazia, Rusconi
(Citazione trovata però su Eugenio Borgna, La solitudine dell'anima, Feltrinelli)
lunedì 7 febbraio 2011
domenica 6 febbraio 2011
sabato 5 febbraio 2011
Prima di fare Adamo (un mio omaggio a Roma)
Dio disse: « Mò che ho fatto Cielo e Tera, domani attacco Luce e Firmamento, mercoledì fò er mare, doppo invento farfalle e fiori pe' la Primavera. Pe' giovedì fò er Sole, verso sera fò li Pianeti, er Fòco, l'Acqua, er Vento, così se venerdì nun vado lento, faccio sabbato ingrese e bònasera! » Finì defatti er sabbato abbonora. « Mò » disse « vojo vede chi protesta dicenno che er "Signore" nun lavora... Ho sfacchinato quarant'ore... basta! Domani ch'è domenica fò festa... e prima de fa' Adamo fò la Pasta! »
Aldo Fabrizi
Ormai me reggo su 'na cianca sola.
- diceva un Grillo - Quella che me manca
m'arimase attaccata a la cappiola.
Quanno m'accorsi d'esse priggioniero
col laccio ar piede, in mano a un regazzino,
nun c'ebbi che un pensiero:
de rivolà in giardino.
Er dolore fu granne... ma la stilla
de sangue che sortì da la ferita
brillò ner sole come una favilla.
E forse un giorno Iddio benedirà
ogni goccia de sangue ch'è servita
pe' scrive la parola Libbertà!-
Trilussa
Si me ce so' trovata, sor Ghetano?
Quanno vennero giù stavo lì sotto.
Faceveno er trapeso americano:
quanno quello più basso e traccagnotto,
facenno er mulinello, piano piano,
se mésse sur trapeso a bocca sotto,
areggenno er compagno co' le mano.
Mentre stamio a guardà, tutt'in un botto
se rompe er filo de la canoffiena,
punfe! cascorno giù come du' stracci.
Che scena, sor Ghetano mio, che scena!
Li portorno via morti, poveracci!
Sur sangue ce buttorno un po' de rena,
e poi vennero fòra li pajacci.
Cesare Pascarella
Pensierino nostalgico. Mio padre mi ha letto un solo libro quand'ero piccolino ed era il libro di poesia. L'aveva comprato chissà dove, ma è uno dei primi ricordi della mia infanzia. Era una edizione telata in azzurro con una rosa d'oro stampigliata sopra la copertina. Dentro, prima della contro-copertina, una sottile pagina di carta velina. L'ho ritrovato questo libro e lo custodisco ancora: è la raccolta di Tutte le poesie di Trilussa nella edizione Mondadori del 1951. Ha un bel nastro azzurro per estrarlo dalla custodia in cartone ed un nastro più sottile come segnalibro. Dentro la lista del vino da comprare chissà dove e nella tasca dell'ultima pagina una lettera in copia anastatica di Trilussa a Mondadori con due poesie.
Mio padre è nato a Roma per caso: suo padre lavorava alle Poste regie e gli era capitato di essere trasferito da Torino a Roma dove passò dodici anni della sua vita e dove nacquero tutti e tre i suoi figlioli. Mio padre mi ha sempre parlato con nostalgia di quegli anni all'Acqua Acetosa dove andava a giocare a pallone e mangiare fichi rubati sulle piante dei giardini. L'ultima volta che sono stato a Roma ho chiesto ad un taxista "ma l'Acqua Acetosa da che parte sta?". Mi ha guardato malissimo poi mi ha spiegato che lì di giorno è pieno di sportivi, ma di sera ci vanno solo i travestiti...
Comunque quando mio padre mi leggeva le poesie di Trilussa rideva ed io con lui.
giovedì 3 febbraio 2011
Profumo
Devo confessarlo (il blog non serve anche a questo?) sono uno sniffatore di profumi. Intendo i profumi delle persone. Nella stragrande maggioranza sono profumi femminili, gli uomini è più facile che puzzino e quando usano profumi non hanno in genere ritegno usandoli a flaconi interi e dozzinali.
La fragranza del profumo femminile invece è sempre sorprendente: basta una persona che si accosta sul metrò, una che ti passa davanti tagliandoti la strada appena uscita di casa verso il lavoro, persino nella confusione odorosa di un mercato una signora che ordina le cipolle ed ecco il profumo che passa, leggero, volatile, fragrante, inebriante, pungente...Mi scuoto impercettibilmente come sferzato da una invisibile onda e... sniffo... immaginando chissà che. Ma non so ballare il tango (mannaggia !).
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Acrostico doppio di Aprile
Ah Adamo pratichi paradisi raccogli ranuncoli imiti l’infinito Lascia l’eterno!
-
Si te veco: me veco. Si mme vire: te vire. Si tu parle, c’è l’eco e chist’eco song’i. Si te muove: me movo. Si te sento: me sento. Si ...
-
Il miracolo segreto è uno dei racconti che compone il libro Finzioni di Jorge Luis Borges che in Italia è noto per la traduzione di Franco L...