Trovo, in una di quelle scatole che sarebbero la gioia per quelli dei mercatini, un vecchio quaderno dell'Asilo infantile che ho frequentato da bambino. Avevo la sfortuna di abitare proprio davanti all'asilo (per altro dove abito tutt'ora) e quindi mi era toccato di frequentare mio malgrado quella scuola gestita dalle suore di Maria Ausiliatrice. Non mi piaceva andare all'asilo e massimamente mangiare con le suore, infatti tanto avevo protestato che ottenni una deroga: attraversavo la strada e tornavo a casa per il pranzo, mentre per la merenda pescavo nel mio cestino dove c'era sempre un pezzo di cioccolato Talmone da sgranocchiare con una bella michetta croccante. Mi era sembrato un onorevole compromesso.
Il quaderno, dunque, in realtà lo chiamavano (era proprio scritto sulla copertina a scanso di equivoci) Album di e sotto , su una apposita riga, dovevi mettere il tuo nome. Naturalmente, essendo un Album dei "piccoli", non sapevi scrivere il tuo nome, non lo avrei saputo scrivere nemmeno l'anno successivo quando sono passato ai "mezzani" e nemmeno l'anno dopo quando sono arrivato ai "grandi". Così la linea dell'Album rimaneva, sconsolatamente, vuota. L'Album era stampato appositamente per l'Asilo del mio paese da un tipografo, in quanto era personalizzato col nome della scuola e l'indirizzo. Aveva una copertina in cartoncino morbido e dentro fogli rigorosamente a quadretti grandi. La prima pagina di questo Album riporta l'esercizio di "fare le aste" e, tutto intorno, una difficilissima greca che faceva da cornice a questo foglio di stentati segni.
Si perché le aste non erano semplici: prima di tutto dovevi usare la matita in modo strano, tutta una lavorazione di punta e non potevi sbavare o andare storto. Se sbagliavi se ne accorgevano subito ed era imbarazzante cancellare perché veniva via anche un po' del colore della pagina che non era affatto bianca, ma un po' marroncina; evidentemente la carta non era quella raffinata, sbiancata e di grammatura perfetta (strong la chiamano gli esterofili) che sarebbe arrivata dopo.
La seconda pagina era ancora peggio in fatto di difficoltà: l'esercizio era quello di riempirla di 1 e sempre con la greca intorno, ma questa volta sembrava merlata come una torre di castello. Alla terza pagina arrivavi con una gran fatica e ti trovavi di fronte un ostacolo quasi insormontabile: dovevi riempire la pagina di uncini, qualcosa meno di una "u" e più di una "i". Quando avevi preso dimestichezza con matita e foglio, le suore, queste sadiche, ti imponevano un altro esercizio da fare: prima disegnare dei rombi (così li avrei chiamati dopo, ma allora erano figure sghembe, improbabili e assurde) o dei quadrati o rettangoli e poi colorarli con vari pastelli. Ma attenzione non dovevi ASSOLUTAMENTE uscire dal contorno della figura e questo mi metteva in sottile ansia. La matita colorata "scappava" sul foglio, c'era sempre qualche imperfezione della carta, del tavolo, della punta del pastello che ti creava dei problemi e poi c'era soprattutto il tuo vicino di banco che faceva di tutto per ostacolarti. La guerra delle carriere era aperta e si cominciava a giocare a suon di aste e di gomitate.
Dicevo della riga del nome, ma il problema era anche il riconoscimento dell'armadietto. Qui le suore si erano ingegnate a mettere dei piccoli simboli uno diverso dall'altro (palla, casetta, triangolo ecc) e che ti facevano riconoscere il tuo armadietto dove riponevi il cestino con la merenda e il fazzoletto. I più fortunati avevano dentro anche un frutto e i fortunatissimi una banana, il top della merenda insieme alla cioccolata, naturalmente. C'erano anche gli snob che avevano sulla salvietta che portavano da casa ricamato lo stesso simbolo dell'armadietto. Ma erano il top.
Che dire ? I così detti "nativi digitali" leggeranno inorriditi questi ricordi che paiono di un mondo lontano e primitivo, appena uscito dalle caverne ed era solo ieri (1953-55). Mi consola il fatto che io posso guardarmi il mio Album dell'Asilo in cartoncino morbido color marroncino, mentre loro chissà cosa guarderanno da grandi...
Si perché le aste non erano semplici: prima di tutto dovevi usare la matita in modo strano, tutta una lavorazione di punta e non potevi sbavare o andare storto. Se sbagliavi se ne accorgevano subito ed era imbarazzante cancellare perché veniva via anche un po' del colore della pagina che non era affatto bianca, ma un po' marroncina; evidentemente la carta non era quella raffinata, sbiancata e di grammatura perfetta (strong la chiamano gli esterofili) che sarebbe arrivata dopo.
La seconda pagina era ancora peggio in fatto di difficoltà: l'esercizio era quello di riempirla di 1 e sempre con la greca intorno, ma questa volta sembrava merlata come una torre di castello. Alla terza pagina arrivavi con una gran fatica e ti trovavi di fronte un ostacolo quasi insormontabile: dovevi riempire la pagina di uncini, qualcosa meno di una "u" e più di una "i". Quando avevi preso dimestichezza con matita e foglio, le suore, queste sadiche, ti imponevano un altro esercizio da fare: prima disegnare dei rombi (così li avrei chiamati dopo, ma allora erano figure sghembe, improbabili e assurde) o dei quadrati o rettangoli e poi colorarli con vari pastelli. Ma attenzione non dovevi ASSOLUTAMENTE uscire dal contorno della figura e questo mi metteva in sottile ansia. La matita colorata "scappava" sul foglio, c'era sempre qualche imperfezione della carta, del tavolo, della punta del pastello che ti creava dei problemi e poi c'era soprattutto il tuo vicino di banco che faceva di tutto per ostacolarti. La guerra delle carriere era aperta e si cominciava a giocare a suon di aste e di gomitate.
Dicevo della riga del nome, ma il problema era anche il riconoscimento dell'armadietto. Qui le suore si erano ingegnate a mettere dei piccoli simboli uno diverso dall'altro (palla, casetta, triangolo ecc) e che ti facevano riconoscere il tuo armadietto dove riponevi il cestino con la merenda e il fazzoletto. I più fortunati avevano dentro anche un frutto e i fortunatissimi una banana, il top della merenda insieme alla cioccolata, naturalmente. C'erano anche gli snob che avevano sulla salvietta che portavano da casa ricamato lo stesso simbolo dell'armadietto. Ma erano il top.
Che dire ? I così detti "nativi digitali" leggeranno inorriditi questi ricordi che paiono di un mondo lontano e primitivo, appena uscito dalle caverne ed era solo ieri (1953-55). Mi consola il fatto che io posso guardarmi il mio Album dell'Asilo in cartoncino morbido color marroncino, mentre loro chissà cosa guarderanno da grandi...
Io come segno di riconoscimento avevo il rastrello ma siccome ero buona non facevo incetta di niente!
RispondiEliminaChe bel post, Guy, sono contenta che tu non sia un "nativo digitale":)
se adesso fai vedere questi splendidi ricordi...ti ridacchiano dietro, ah le nuove metodologie (che non son sicura funzionino del tutto)...poveri noi!
RispondiEliminaLa fortuna sta nel rivederli sempre belli ancora oggi come allora
RispondiEliminaMaurizio