venerdì 15 aprile 2016

Il medico della depressione

Uno psichiatra silenzioso, che ricordava nei modi certi medici volentieri descritti da Anton Cechov, usava consigliare ai suoi depressi la lettura del libro di Giobbe. Egli teneva in grande stima quegli infelici, malati per lo più, come la principessa di Andersen, di uno sguardo troppo chiaro, e assicurava che da quella dura meditazione sull'ordine del mondo traevano un giovamento sensibile, ne uscivano rasserenati. Non molto diversamente doveva intendere il potere di una lettura il critico che scrisse di Cechov: « è il solo che si lasci stringere sulla nostra carne dolente senza ferirla ››.
Cechov appartiene in realtà a quella vena sottile di poeti che posero alle fondamenta del loro edificio una coscienza perfetta dell'ordine del mondo: delle leggi di necessità che ci governano, dell'irriducibile quantità di male su questa terra: (« quel non so che di irreparabile e spaventosamente disperato che non si può più mutare e al quale non ci si può abituare mai››). Dunque dell'urgenza di vivere secondo leggi del tutto opposte e complementari, secondo cioè quella rischiosa « follia d'amore » che l'uomo di continuo si adopera a soffocare in se stesso e negli altri.

Cristina Campo, Gli imperdonabili, Adelphi, p. 193

William Blake i tormentatori di Giobbe 1785-90, British Museum, London

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