mercoledì 7 settembre 2016

L'arte della gioia e l'attesa del ritorno

Entrai in una piccola stanza nitida, con pochi mobili, ma piena di giocattoli, treni, vapori. Su un tavolo una grande casa quasi costruita coi dadi. Mi guardai in giro, ma vidi solo una sedia da paralitico. Volevo tacere, ma non potei non chiedere:
- E fuori?
- No, è morto. Solo che secondo il testamento del principe, mio padre, tutte le stanze devono restare intatte, affinché, volendo, chi se n'è andato possa ritornare. Anche la sua, lassú, è intatta. Certe volte ho l'impressione di sentire l'odore del suo tabacco. Fumava la pipa. Qui invece non c'è nessun odore, forse perché non 1'ho conosciuto, chissà! Era il fratello piú grande di mamma, ed è morto prima che nascessi, a dieci, dodici anni. A quello che mi hanno detto si ammalò di artrite deformante e... poi la tisi, che so, il cuore - credo - e se n'è andato... Se vuoi conoscerlo meglio la c'è la fotografia. Vedi, il viso è bello, sembra una donna, vero?
Goliarda Sapienza, L'arte della gioia, Einaudi




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