Cesare Pavese, Dialoghi con Leucò, Einaudi, 1947
(ultime pagine)
...
- Mi domando se è vero che li hanno veduti (gli dèi ndr).
- Chi può dirlo? Ma si: li han veduti. Han raccontato i loro nomi e niente più - è tutta qui la differenza tra le favole e il vero. «Ero il tale o il tal altro», «Ho fatto questo, ha detto quello». Chi è veritiero, si accontenta. Non sospetta nemmeno che potranno non credergli. I mentitori siamo noi che non abbiamo mai veduto queste cose, eppure sappiamo per filo e per seguo di che mantello era il centauro o il colore
dei grappoli d'uva sull'aia d'Icario.
- Basta un colle, una vetta, una costa. Che fosse un luogo solitario e che i tuoi occhi risalendolo si fermassero in cielo. L'incredibile spicco delle cose nell'aria oggi ancora tocca il cuore. Io per me credo che un albero, un sasso profilati sul cielo, fossero dèi fin dall'inizio.
- Non sempre queste cose sono state sui monti.
- Si capisce. Ci furono prima le voci della terra - le fonti, le radici, le serpi. Se il demone congiunge Ia terra col cielo, deve uscire alla luce dal buio del suolo.
- Non so. Quella gente sapeva troppe cose...
...
Pensierino. "Quella gente sapeva troppe cose..." e noi sappiamo sempre meno, evidentemente. Quel poco che sappiamo è menzogna o scopriamo cose che erano già evidenti "fin dall'inizio". Il progresso futuro è regredire, rallentare, fermarsi, ascoltare il silenzio.
uomini
RispondiEliminaaborti di Dio
quale segreto ci ha condannati?
nessun messaggio
nessuna verità
solo la morte ci libererà.
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