martedì 16 febbraio 2010

Fame

Gli era venuta progressivamente una gran fame. Più sentiva che la vita gli stava fuggendo tra le dita e più aveva fame. Una fame irrefrenabile, bulimica, insaziabile. Si alzava la mattina dopo una notte agitata ed insonne ed il primo pensiero era cosa era rimasto nel frigorifero. Il timore di trovarlo vuoto era assillante. Si dirigeva in cucina ancora in pigiama per controllare che ci fosse qualcosa da mangiare e solo quando trovava il frigorifero straripante di vettovaglie allora si placava, tornava in bagno, si faceva la barba, si vestiva e poi già assaporava quelle fette di pane tostato imburrate coperte di marmellata di arance.
Eppure la sua non era stata una generazione che aveva mai sofferto la fame: era nato negli anni del boom economico quando si mangiava carne tutti i giorni. Ma forse erano stati i padri, che quella fame avevano conosciuto bene, ad instillare questa voracità.
Aveva posato la tazza del caffè sul lavandino ed il vasetto di marmellata nel frigorifero e già pensava a cosa avrebbe preparato per pranzo.
Gli era venuta una gran fame, forse perché sentiva il silenzio che intorno si infittiva come la brina sugli alberi nelle ultime fredde giornate di gennaio.


8 commenti:

  1. Guglielmo sei davvero unico, grande.
    Maurizio

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  2. Ma che sono io al maschile? Pane tostato e marmellata d'arance (senza burro però!) sono la mia colazione giornaliera. E in quanto a fame...

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  3. L'ispiratrice di questo mini-racconto è una donna che conosco molto bene, infatti...ma lei non mangia fette di pane tostato con burro e marmellata... quelle piacciono a me...

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  4. questa compulsione per il cibo mi è totalmente estranea, normalmente proverei fastidio per uno così...Ma il tuo raccontino mi è piaciuto un sacco, provo quasi tenerezza per quest'uomo che mentre si rade si sente rassicurato dal frigorifero pieno :-)

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  5. L'ispiratrice è una donna che conosco, ma pensandoci bene ho messo anche qualcosa di un mio carissimo amico scomparso da tempo e che la notte vagava per la casa famelico in cerca di qualsiasi cosa fosse commestibile...Gran brutta malattia...
    Ma forse la fame era una metafora di altri appetiti della testa che sono altrettanto micidiali...

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  6. Bello. Bravo!
    Agli inizi della vita, latte e amore, cibo e presenza amorevole, vengono dalla stessa fonte.
    Le due cose possono essere assimilate - assimilate: parola che indica proprio la identità tra funzione psichica e funzione digestiva: lo stesso linguaggio è indicativo di questa con-fusione. Il cibo, nei bambini piccoli, non basta per vivere. Basta per sopravvivere, e a volte, nei casi più gravi di assenza di cure amorevoli, non basta nemmeno per sopravvivere.
    La confusione tra alimentazione e realizzazione psichica del proprio ciclo vitale è usata per fregarci alla grande: il consumismo si basa su questa confusione scientificamente coltivata. Hai toccato un punto centrale dell'alienazione umana.

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  7. in gioventù non ero vorace e molti mi guardavano con invidia....ora il cibo lo ingurgito con una certa avidità...
    ciao simona

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  8. Sì, lo capisco, lo capisco anche se non l'ho mai provato quel senso di appagamento nel frigorifero ed anzi, al contrario, il mio desiderio trova risposta nella natura, anche se fredda, anche se apparentemente ostile.
    Grazie per il tuo scritto.

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