Devo salire a salutare quella simpatica vecchietta all'ultimo piano. La porta sul pianerottolo è socchiusa e fuori sembra di intravedere un grande cortile. Vecchi mobili sono stati portati lì fuori: divani con l'alto schienale, tavoli con candelabri a tre fiamme, comò con specchiere e sedie di ogni foggia sparsi disordinatamente ovunque.
Chiedo permesso. Nessuno risponde. Alzo la voce. Sento da lontano qualcuno che grida "Avanti è aperto". Mi avvicino a quello che sembra un magazzino di mobili cercando il proprietario della voce. Lo trovo sdraiato su una dormeause con un libro in mano. Alza appena lo sguardo quando mi vede e sorride. "Cercavo la signora Adele" dico.
"La Signora Adele? E' morta dieci anni fa." Mi risponde tenendo sempre un occhio sulla pagina che sta leggendo.
"Mi spiace, non volevo disturbare" mi affretto a dichiarare volgendo lo sguardo verso la porta da dove sono entrato.
"Ma non mi disturba affatto. La Signora Adele mi ha lasciato questa grande casa e ogni tanto vengo con i miei amici durante il week end. Vuole stare un po' con noi?"
Sono sorpreso. Accenno un sorriso un po' imbarazzato. Cerco con lo sguardo se ci sono altri, ma il cortile sembra deserto, solo mobili accatastati.
"Prego si accomodi", dice.
Mi siedo un po' agitato per quella atmosfera.
"Stia tranquillo, adesso proviamo"
Da dietro armadi e da poltrone dall'alto schienale appaiono uomini e donne che cominciano a camminare.
"Ecco vede, cominciamo".
Non faccio a tempo a chiedere "cosa" che tutti, come per un cenno di bacchetta di un direttore d'orchestra, iniziano a fare ciascuno espressioni diverse e contrastanti: rabbia, accondiscendenza, sberleffo, tenerezza. Chi guarda sognante verso il cielo e poi scruta feroce la terra, chi scoppia in una risata fragorosa e subito dopo piange singhiozzando, chi fissa con sguardo inebetito e poi stringe gli occhi come spilli appuntando la vista indagatrice. C'è chi ripete due, tre, quattro volte quella espressione, fino a che , tra sé, dice "va bene così, devo solo fare un passo in avanti piegando la schiena e far salire il mio sguardo con finta riverenza".
Cammino tra i mobili avvicinato dalle persone che continuano questo esercizio, fino a quando, come era cominciato, un altro colpo di bacchetta fa zittire tutti e ciascuno torna a sedersi dove si era appollaiato all'inizio.
"Ha visto?" mi chiede il padrone di casa.
Sorrido. Accenno un saluto. Esco di scena.
Chiedo permesso. Nessuno risponde. Alzo la voce. Sento da lontano qualcuno che grida "Avanti è aperto". Mi avvicino a quello che sembra un magazzino di mobili cercando il proprietario della voce. Lo trovo sdraiato su una dormeause con un libro in mano. Alza appena lo sguardo quando mi vede e sorride. "Cercavo la signora Adele" dico.
"La Signora Adele? E' morta dieci anni fa." Mi risponde tenendo sempre un occhio sulla pagina che sta leggendo.
"Mi spiace, non volevo disturbare" mi affretto a dichiarare volgendo lo sguardo verso la porta da dove sono entrato.
"Ma non mi disturba affatto. La Signora Adele mi ha lasciato questa grande casa e ogni tanto vengo con i miei amici durante il week end. Vuole stare un po' con noi?"
Sono sorpreso. Accenno un sorriso un po' imbarazzato. Cerco con lo sguardo se ci sono altri, ma il cortile sembra deserto, solo mobili accatastati.
"Prego si accomodi", dice.
Mi siedo un po' agitato per quella atmosfera.
"Stia tranquillo, adesso proviamo"
Da dietro armadi e da poltrone dall'alto schienale appaiono uomini e donne che cominciano a camminare.
"Ecco vede, cominciamo".
Non faccio a tempo a chiedere "cosa" che tutti, come per un cenno di bacchetta di un direttore d'orchestra, iniziano a fare ciascuno espressioni diverse e contrastanti: rabbia, accondiscendenza, sberleffo, tenerezza. Chi guarda sognante verso il cielo e poi scruta feroce la terra, chi scoppia in una risata fragorosa e subito dopo piange singhiozzando, chi fissa con sguardo inebetito e poi stringe gli occhi come spilli appuntando la vista indagatrice. C'è chi ripete due, tre, quattro volte quella espressione, fino a che , tra sé, dice "va bene così, devo solo fare un passo in avanti piegando la schiena e far salire il mio sguardo con finta riverenza".
Cammino tra i mobili avvicinato dalle persone che continuano questo esercizio, fino a quando, come era cominciato, un altro colpo di bacchetta fa zittire tutti e ciascuno torna a sedersi dove si era appollaiato all'inizio.
"Ha visto?" mi chiede il padrone di casa.
Sorrido. Accenno un saluto. Esco di scena.
E' tanto che non passo di qui.
RispondiEliminaBello il tuo racconto con quel tanto di kafkiano/pirandelliano che ci fa capire che il tuo sogno-incubo assomiglia purtroppo (e troppo) alla realtà che ci circonda.
Coraggio.
Accorgerci del rischio che corriamo e, potendo, provare a reagire è tutto quello che possiamo fare.
ginetta
Immagino che la tua parte consistesse nel mostrare sorpresa!
RispondiEliminamarina
@Marina . Come diceva quel tale: nulla di ciò che è umano mi è estraneo (anche se fingo di stupirmi per alcune "parti" che vedo rappresentate)
RispondiEliminail cortile all'ultimo piano mi sembra una visione fantastica, io ti immagino con noi, personaggi di questo mondo virtuale che recitiamo qualcosa, e tu ci sorridi...eddai...."sorridici"
RispondiEliminafrancesca2
-:)))
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