Caravaggio, San Gerolamo |
parlante - prete, sibilla, aedo, fool, favoleggiatore - s’imponeva all’uditorio con l’esuberanza dei suoni e dei gesti, con l’odore carnale della presenza. Dovunque il rito si celebrasse, in una radura o in una spelonca, durante una veglia di pastori erranti o attorno a un fuoco di bivacco guerriero, sempre fra l’uno e i molti, fra la voce e l’attenzione, si stringeva urfamicizia ch’era anche una connivenza e faceva le veci della felicita.
Vennero poi la Scrittura e la Lettura, speculari sorelle. Forse fu un male: la volta che, sotto forma di mela, fu introdotto nell’Eden l’abbecedario, una garanzia d’innocenza s’interruppe, la parola fu imprigionata in un segno l’esorcismo in presa diretta cessb. Quella notte Shahrazad fu decapitata...
Da allora il banditore non passò più fragoroso per le vie del villaggio, ma si ridusse a nascondere le sue notizie dietro la maschera d’un frontespizio. Fra le due solitudini - dell’autore che rumina e incide con stilo, penna d’oca, macchina da scrivere, nel segreto della sua stanza; e del san Girolamo lettore, curvo sulla polvere degli incunaboli, mentre alle sue ciabatte si strofina un vecchio leone - fra questi due silenzi una festa nefasta cominciò a celebrarsi, un velenoso ludibrio dell’immaginario.
Vogliamo dirla tutta? Nell’istante in cui l’appassionato di novità smise di ascoltarle in cordiale assernblea e si segregò a dilettarsene privatamente nel cerchio avaro di una lucerna, in quell’istante egli si condannò a patire le stesse equivoche estasi di chi ama non una donna di carne ma un pensiero di donna nella sua mente.
A questo punto leggere divenne un vizio.
Gesualdo Bufalino, da Cere perse, Leggere, vizio punito
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