Questo libro dell'autore algerino Boualem Sansal narra una storia appassionante e con un ritmo coinvolgente. Da tempo non trovavo in letteratura tanta passione e acume nell'affrontare in un colpo solo questioni molto calde come l'Olocausto e l'integralismo islamico. Ciò è stato possibile attraverso una trama efficace: due fratelli di origine algerina, che vivono nelle banlieue parigine in un enclave a forte connotato islamico, scoprono (prima l'uno, poi, al tragico suo suicido, l'altro) che il padre non è altro che un SS specializzato nelle camere a gas dei deportati nei campi di concentramento. E' riuscito a farla franca, alla fine della guerra, rifugiandosi in Algeria, dopo aver attraversato l'Africa in modo avventuroso. Lì diventa un "consulente" della guerriglia e sposa una algerina rifacendosi una credibilità e trovando, molti anni dopo, la morte in una incursione di bande islamiche nel villaggio dell'interno dove abita. I figli vengono inviati, ancora adolescenti da uno zio, in Francia ed il primo diventerà un rappresentante di pompe idrauliche di una multinazionale, mentre l'altro farà una vita più marginale arrangiandosi come può per tirare a campare in bilico tra integrazione (impossibile) e devianza (anche dalla cultura imperante della propria gente.
Il libro non è di quelli che può lasciare indifferenti e mentre sulla descrizione degli orrori del nazismo può trovare immediata sintonia da parte del lettore, quando affronta la questione dell'integralismo islamico in occidente, spiazza in particolare perché le voci narranti sono provenienti da quella cultura e si esprimono con una durezza di paragoni (col nazismo appunto) che fa riflettere. Non ha nulla questo atteggiamento del becero anti-islamismo di tanti nostrani politici (di destra in maggioranza -Lega Nord in testa-, ma con qualche bel rappresentante anche del PD). Il quadro che ne esce è a dir poco allarmante e costringe a rivedere luoghi comuni imperanti.
Da leggere.
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Ora lo cerco in francese...Grazie della segnalazione...
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