Aveva pensato, tra sé, “è proprio necessario?” e subito si era risposto che poteva rinviare. Il rinvio era diventata la sua arte preferita. Di fronte a qualsiasi ostacolo, metteva in campo tutta la sua arte del rinvio. All'inizio l'aveva fatto con le piccole cose, incombenze fastidiose, visite a vecchi amici o petulanti parenti. Poi era passato agli impegni più seri sia di lavoro che sentimentali. Ci si era applicato con meticolosità ed i risultati erano stati immediatamente incoraggianti. Si ricordava di quel piccolo innocuo stratagemma del padre che il sabato lo festeggiava andando a spasso al Valentino dicendo in Conservatorio che doveva onorare il Sabato fascista con il raduno delle camicie nere e alla Casa Littoria che non poteva mancare ad un importante lezione al Conservatorio. Ecco la tecnica era quella: era sempre altrove per tutti.
Eppure c'era stato un tempo che aveva sentito il profumo della rosa sott'acqua: aveva percepito la fragranza dolciastra dei suoi petali, poteva sentire sotto la sua pelle la vellutata superficie che lasciava sulle dita un profumo sottile ed evanescente.
Il profumo della rosa sommersa. Già! Che assurdità. Erano gli scherzi dei sentimenti. Lo prendevano in giro, lo facevano girare come una trottola e poi alla fine, quando perdeva l'equilibrio dal gran girare, i sensi erano come accelerati, sentiva e vedeva tutto, ogni odore o barluccichio era amplificato, bastava un tocco di mano e sentiva svelarsi una poesia, un sentimento, un pensiero, un umore. Peccato che non potesse fare un passo in nessuno direzione, perché barcollava, cadeva a terra; inutilmente ci riprovava e allora aspettava e, quando la testa non gli girava più, era svanita anche quella iper-attività dei sensi. Anzi, come se si fossero spossati dal gran lavoro, sembravano assopiti, esausti. Il mondo dei sentimenti allora si allontanava e lui lo guardava con diffidenza, rassegnato a non capirci nulla se non in rari, particolari momenti di grazia. All'esaltazione seguiva la malinconia.
In un attimo trovarsi davanti allo specchio e scoprire di non riconoscersi e guardando il bagno riflesso anche quello gli pareva un altrove sconosciuto. Così si era fatta una sua difesa, testarda: trovava soddisfazione solo nell'altrove e con l'altro. Rifiutava il qui e il tu.
E fantasticava, sognava. Sperava che ci fosse uno stato di grazia assoluto che un giorno l'avrebbe preso e condotto in quell'altrove senza ritorno con qualcun altro che l'avrebbe accolto.
Si sbagliava? Non lo sapremo mai.
(copyright 2009 Guglielmo Gaviani)
Ma sì, lo sapremo. Lo stiamo aspettando, e quando arriva, la vita comincia.
RispondiEliminaforse puoi dircelo tu, in un secondo tempo...
RispondiEliminaho mooolto apprezzato
marina
Grazie per i commenti Rom e Marina -:)))
RispondiElimina