sabato 11 ottobre 2008

Confronti

Arnold Bocklin (Basilea, 16 ottobre 1827 – San Domenico di Fiesole, 16 gennaio 1901), L'isola dei morti

Antonio Nunziante (Napoli, 1956), Arcadia


Commento. Arnold Bocklin versus Antonio Nunziante.
Il primo ci presenta l'approdo ad una isola dei morti misteriosa ed inquietante di una barca sulla quale si vede un'anima coperta da un sudario. Il sole tramonta: una coltre nera si alza dal mare dietro l'isola.
Il secondo dipenge un'isola ideale, mitica, una arcadia appunto vista come approdo rassicurante, difeso dal mondo, protetto. La perfezione rappresentata dalla palla di vetro in primo piano. Per raggiungerla occorre però superare una laguna piena di scogli affioranti. La notte ha invaso il cielo dove campeggia un quarto di luna, ma all'orizzonte si vede ancora il chiarore del sole tramontato.
Davvero impressionanti le similitudini tra i due opere. Non so se Nunziante si sia ispirato a Bocklin. E' certo che le finalità dei due quadri sono diametralmente opposte anche se le differenze formali sono minime.

4 commenti:

  1. Madò... che dopo averti scritto, e poi perso nella cronologia, e finalmente ritrovato, ti trovi un avvertimento simile sul silenzio, ci pensi tre volte +tre, prima di commentare. Ho preso coraggio infine per dirti che le tue foto sul dipinto di Bocklin riprodotte da questo pittore a me sconosciuto, mi ha fatto pensare a come sono in sintonia con tutti i commenti sui vari blog che si insontrano per web, isola in cui rifugiarsi perchè stanchi di pensare, e che davanti alla paura dello sfacelo (in tutti i sensi) i contemporanei, non possono che tentare di balbettare ciò che i grandi dicevano. Perchè nessuno ha niente da dire, oggi, di nuovo. Scusa se ho invaso la tua privacy

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  2. @lellasilvi. Era esattamente l'effetto che volevo: pensare tre volte prima di commentare.
    I blogger sarebbero stanchi di pensare? Nessuno ha niente da dire? Non direi. Naturalmente è una comunicazione spezzetata, "povera", un po' anarchica, assai umorale, ma è meglio del vuoto spinto della cultura televisiva. Ciao

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  3. Li guardo e li riguardo e mi chiedo che cosa dicano a me, indipendentemente dalla tua presentazione.
    Lo dico con la povertà delle mie parole: tutto così immobile in entrambi i quadri, tutto così definito: bisogno di fuga.
    marina

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  4. @Marina. Forse bisogna guardare un quadro come si ascolta della musica: lasciare che le emozioni nascano. Naturalmente ci sono quadri che non ci diranno proprio nulla, come del resto della musica. La differenza nel linguaggio della pittura è nello stare a "descrivere" ciò che si vede, come una specie di sillabario dei significati che si ricompongono man mano che si "legge" il quadro. Questo, naturalmente, è il metodo di un non specialista come me che farà inorridire critici scafati, ma tant'è

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