giovedì 26 marzo 2009
Via Zen
Lo Zen è la derivazione giapponese del Buddhismo Chan, che è la rielaborazione cinese della dottrina indiana dell’illuminazione.
Non si può parlare in modo specifico di religione, filosofia o disciplina mistica, poiché non ha niente a che fare con dogmi, sistemi o contatti con qualche divinità; è una conoscenza intuitiva dell’assoluto che non può essere insegnata per mezzo di libri o discorsi. “Se si ha lo Zen nella propria vita, non si ha più nessuna paura, nessun dubbio, nessun desiderio superfluo, nessuna emozione estrema. Non si è turbati né da atteggiamenti ingenerosi né da azioni egoistiche. Si serve l’umanità umilmente, attuando con misericordia la propria presenza in questo mondo e osservando la propria fine come un petalo che cada da un fiore. Sereni, si gode la vita in beata tranquillità” (101 storie Zen a cura di Nyogen Senzaki e Paul Reps ed. Adelphi , Milano 1973).
Commento. Mi è sempre sembrata lontanissima l'esperienza Zen dalla nostra vita occidentale (europea). Il percorso lungo e complesso dalla primitiva dottrina indiana molto spiritualista, all' "adattamento" del Buddhismo prima alla cultura cinese (più pragmatica) e infine a quella giapponese, credo non abbia un corrispettivo in occidente. Naturalmente mi sbaglio, ma , come dire, il mio non è un punto di vista "scolastico" o da studioso della materia, ma semplicemente da "ravanatore" dell'anima.
Mi colpisce questa ricerca dell'allontanamento dall'Io (dimenticare il sé) che è la premessa alla via spirituale. Parte dal concetto che il centro è vuoto. Di conseguenza (per estensione) anche il mondo è vuoto e non esiste dualismo (mondo-dio, materia-spirito, bene-male) e per questa strada si raggiunge la terza méta che è l'Illuminazione. L'Illuminazione si raggiunge lasciando alla spalle la ragione, le parole perdono valore ed è il risultato di una intuizione involontaria ed inaspettata.
"Per ottenere il satori non occorrono né ragione né volontà: dicono sia come quando, smettendo di pensarci, affiora alla mente qualcosa che avevamo dimenticato ed improvvisamente riusciamo a ricordare".
Guardo la mia foto della lanca del Ticino e mi immergo nella natura (ho già usato due pronomi personali, mannaggia com'è difficile 'sto Zen!), spero di sparire, qui.
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Dovrei scrivere qualcosa nel mio spazio virtuale ma trovo più interessante ritornare dalle tue parti e "dimenticare il mio io" e forse, proprio per questo, mi fermo qui, dove parli di Zen!
RispondiEliminaParecchi anni fa ho fatto un'esperienza di Zen e Meditazione Trascendentale con un Gesuita che a sua volta è stato in India e Cina.
Il mio lavoro(fisioterapista) mi ha portata per un mese in Cina, per studiare e seguire all'Accademia di Pechino un Corso di Massaggio Tradizionale Cinese dove ho potuto respirare la vita dei cinesi, il loro praticare il Tay Qi e il loro modo di essere.
Ho tentato di capire meglio cos'è lo Zen, ma inutile dire che per noi Occidentali è una pratica molto difficile, presi come siamo dal voler razionalizzare tutto senza lasciarci prendere per mano dal valore altissimo della spiritualità in senso ampio.
Siamo sempre insoddisfatti, scontrosi e polemici, severi con noi stessi e con il mondo in generale, non abbiamo(quasi mai) voglia di lasciarci coinvolgere e travolgere dal Mistero, non siamo più in grado di ascoltare la voce dell'anima...Ci sfiora appena una blanda e veloce curiosità!
Scusa, divento logorroica quando trovo argomenti così stimolanti!!!
Un caro abbraccio!
Miriam
che bella foto....magico guglielmo
RispondiEliminafrancesca2
Prima di lasciare questo commento ho letto qualcosa prima, così tanto per prendere un minimo di familiarità con il tuo "io"? Non ho letto le 101 storie zen e credo di essere ben lontana (ahimè) dall'atteggiamento zen. Tipicamente occidentale, con tutte le storture di pensiero che ci caratterizzano, anch'io però sono attratta da questo cammino non percorso. Quando lessi Pirsig e "Lo Zen o l'arte della manutenzione della motocicletta" fui quasi folgorata da alcune sue intuizioni così poco occidentali e soprattutto dal suo discorso sulla "qualità". E' un libro che ti consiglierei se per caso non l'avessi già letto.
RispondiEliminaVia Zen non è così lontana dalla cultura occidentale, se la psicoanalisi e la sua ricerca non sono lontane dalla cultura occidentale.
RispondiEliminaPer esempio, ci sono un paio di indicazioni freudiane, non secondarie, che convergono con l'impostazione zen. Una è quella che segna il passaggio dall'attenzione al racconto all'attenzione alla relazione in atto, al qui ed ora del rapporto, la cosiddetta analisi del "transfert". Cosa non da poco, anzi, cambia molto se quando una persona ci racconta qualcosa con un orecchio ascoltiamo quello che ci racconta e con l'altro cerchiamo di sentire quello che sta avvenendo tra noi, di cui il racconto è parte.
L'altra indicazione freudiana è quella del modo in cui va prestata questa attenzione alla relazione in atto: con un tipo di attenzione non tesa alla interpretazione, non razionale, bensì "fluttuante", libera, che lasci emergere le immagini e i pensieri senza esercitare una selezione. Cosa non da poco nemmeno questa: cambia molto se a qualcuno che ci racconta qualcosa, mentre volgiamo l'attenzione a quello che sta avvenendo tra noi racconto incluso, rispondiamo con una nostro racconto, con delle immagini che ci sono venute in mente, invece che con una interpretazione del suo. Che differenza c'è tra l'insistenza dello zen sul qui ed ora e l'indicazione freudiana dell'analisi del transfert, cioè della relazione in atto? O tra l'attenzione fluttuante e la meditazione senza oggetto?
Un noto psicoanalista diceva che l'ascolto da parte dell'analista - ma può essere chiunque in condizioni di ascolto di un certo tipo - deve avvenire "senza memoria e senza desiderio".
Insomma, uomini intelligenti di culture molto diverse hanno pensato, di cose uguali, cose simili...
L'intervento di Rom mi stimola una analogia: nel mondo delle favole , delle mitologie o cosmogonie c'è una grande corrispondenza tra racconti di culture apparentemente lontanissime e incomunicanti (almeno si crede) tra loro. Molti hanno persino fantasticato di un'unica primigenia cultura che formerebbe il nocciolo primordiale dell'umanità. Forse la considerazione finale di Rom sul pensiero che "converge" su idee comuni di culture (apparentemente) diverse è la chiave di volta del ragionamento.
RispondiEliminaGrazie a tutti per gli spunti (massimamente per quelli critici), i complimenti ed i consigli di lettura.
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